Il commercio equo e solidale arriva in Senato

di Gianna De Marchi

 

 

 

Lo scorso 7 febbraio è stata approvata all'unanimità dal Senato italiano la pri- ma mozione parlamentare di  riconoscimento e sostegno al commercio equo e solidale. La mozione prendeva il via pochi mesi fa dalla drammatica situazione che si è determinata in molti paesi africani, asiatici e del centro America a cau- sa della crisi delle materie prime, come cacao e caffè. 

L'obiettivo è quello di tenere ancor più sotto i riflettori del nostro governo il te- ma del rapporto tra Nord e Sud del mondo, definire regole sempre più eque in materia economica e favorire un sostegno adeguato al fenomeno. La mozione 98 è quasi uno studio sul commercio equo e solidale in Italia e nel mondo. Si tratta di una conquista, perchè è la prima volta che il Parlamento parla di CEeS (questo il nome abbreviato) e ne riconosce il valore. 

Ma che cosa si intende per commercio equo e solidale?

Si tratta di partnership commerciali che credono nello sviluppo sostenibile, dando ai produttori emarginati del Sud del mondo migliori condizioni per com- merciare ed assicurazioni sulle regole.

L'interessante fenomeno del CEeS fa la sua apparizione in Italia alla fine degli anni ottanta. Anche prima comunque esistevano esperienze di importazione di beni da produttori delle economie povere, inventate pionieristicamente  da pic- coli gruppi a sostegno di missioni o altri progetti di sviluppo. 

La prima vera esperienza di CEeS si è avuta nel 1974 grazie ad una coopera- tiva di Sondrio che avviò l'importazione di prodotti dal Bangla Desh, un paese che versava in quel periodo in tragiche difficoltà.

In seguito il numero delle organizzazioni è costantemente aumentato.

Oggi in Italia esistono sette centrali organizzate di importazione. Fra le più importanti CTM - un caso veramente interessante - la maggiore per fatturato e dimensioni. Seguono Commercio Alternativo, fondato nel 1992, e Robe dell'altro mondo. Nel territorio italiano operano 374 botteghe, fra le quali circa 118 sono socie di CTM. Nel 1991 la  maggior parte di queste botteghe si è unita nella or- ganizzazione Botteghe del Mondo. Vi sono poi grandi catene commerciali tradi- zionali come Coop ed Esselunga, che hanno dato spazio al CEsS creando bot- teghe o spazi dedicati all'interno dei supermercati.

Ma che cosa deve fare il governo?  Dovrà innanzitutto  incoraggiare i prodotti importati secondo i criteri stabiliti dalla Carta italiana dei criteri del commercio equo e solidale. Dovrà sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza di questi pro- dotti come una delle tante forme di lotta alla povertà; far comprendere che si tratta di una realtà seria poichè i prodotti sono garantiti da standard di organiz- zazioni internazionali di certificazione (etichetta FLO, Fairtrade Labelling Orga- nization). 

Nel 2001 il fatturato complessivo del settore in Italia ha superato i 16 milioni di euro, come risulta dai dati riportati nel testo della mozione approvata in Se- nato. Il dato è in continua crescita e può riservare delle sorprese  positive, poi- chè i prodotti del commercio equo e solidale rappresentano nel nostro paese soltanto lo 0,3% dei consumi complessivi.

 

 

 

febbraio 2003