Contro la democrazia populista

 di Pierluigi Onorato

 



1 - La traumatica esperienza dei regimi totalitari ha suggerito ai Padri Costi- tuenti dopo la seconda guerra mondiale di introdurre nelle carte costituzionali un catalogo di diritti fondamentali della persona umana, dichiarati intangibili e inalienabili, e come tali sottratti alla disponibilità delle contingenti maggioranze parlamentari.
  In questo senso il costituzionalismo novecentesco, per scongiurare pericoli to- talitari, ha riconosciuto la dignità della persona come limite invalicabile alla so- vranità statale, e i diritti fondamentali come preesistenti allo Stato. Lo Stato non «produce» questi diritti; ma piuttosto li «riconosce» come limite al suo po- tere, che quindi non è un potere assoluto. In tal modo il moderno costituziona- lismo ha recuperato il tratto distintivo del liberalismo politico.

2 - Peraltro, rispetto al liberalismo tradizionale, le costituzioni moderne hanno ampliato il catalogo dei diritti fondamentali, introducendo accanto ai diritti ci- vili (di libertà dallo Stato), anche i diritti politici (di partecipazione allo Stato) e i diritti sociali (di benessere economico e sociale attraverso i servizi dello Stato).
Inoltre, le costituzioni democratiche non si sono accontentate della mera pro- clamazione dei diritti individuali e collettivi, ma hanno voluto assicurarne l’ef- fettività attraverso l’introduzione di istituzioni di garanzia, idonee a tutelarli contro le prevaricazioni del potere, sia esso pubblico o privato.
  In tal senso, il costituzionalismo del secolo ventesimo non solo ha recuperato il liberalismo ottocentesco, ma gli ha conferito un senso nuovo e una tutela più garantista.


3 - Le più importanti di queste istituzioni  garantiste sono la  Corte  Costituzio-
nale, deputata al controllo del potere legislativo e alla abrogazione delle leggi emanate in violazione dei diritti costituzionalmente tutelati; e la Magistratura, che con l’esercizio indipendente della sua funzione giurisdizionale ha il compi- to di risolvere le controversie tra i soggetti della società civile (giurisdizione ci- vile) o tra questi e la pubblica amministrazione (giurisdizione amministrativa), nonché di attuare un controllo obbligatorio di legalità contro le deviazioni sia dei privati sia degli esercenti poteri pubblici (giurisdizione penale).
  L’ampiezza delle competenze di queste istituzioni di garanzia, richiesta dalla latitudine dei diritti da tutelare, configura una sorta di pluralismo istituzionale, che oltre a connotare la ripartizione delle funzioni statali tra organi legislativi, organi di governo e organi giurisdizionali, assegna alle istituzioni di garanzia un ruolo imprescindibile nel corretto funzionamento della polis. Nella dinamica della società civile e della comunità politica la Magistratura e la Corte Costitu- zionale hanno il compito di tutelare i diritti personali e collettivi e di neutraliz- zare gli straripamenti dei poteri pubblici. In tal senso esse svolgono un potere oggettivamente politico, posto che la politica intesa in senso generale non è ri- servata ai partiti e neppure alla sfera parlamentare e governativa. Una società democratica matura, in tutte le sue componenti, deve prendere coscienza di questo ruolo fondamentale delle istituzioni di garanzia. Esse non derivano la loro legittimazione democratica dal voto popolare; e tuttavia sono democrati- camente legittimate dalla funzione professionale che esercitano a tutela del po- polo. Non vengono dal popolo; ma esistono per il popolo. Il loro titolo di legit- timazione democratica si radica non direttamente, ma indirettamente nella so- vranità popolare. Al punto che se diventassero emanazione diretta della volon- tà popolare, perderebbero strutturalmente e funzionalmente il loro ruolo costi- tuzionale di tutela dei diritti contro le prevaricazione dei poteri.
  Questo significa che i poteri pubblici devono abbandonare in radice qualsiasi pretesa di onnipotenza o di impunità o di esenzione dai controlli; che le istitu- zioni di garanzia, in ragione della delicatezza costituzionale dei loro poteri di controllo, devono improntare l’esercizio delle loro funzioni a uno stile di pru- denza, equilibrio e self restraint ; che l’opinione pubblica e i mass media che la in- dirizzano devono assecondare lo spirito del pluralismo istituzionale, senza me- nare scandalo delle conseguenze che il suo libero dispiegarsi può avere negli e- quilibri della comunità politica.

4 - Infine, negli ultimi decenni, anche al di là delle formulazioni costituzionali, si è venuta affermando l’esigenza di affidare ad Autorità indipendenti la difesa di libertà economiche e civili, istituendo Autorità antitrust per la difesa della li- bera concorrenza, Autorità per le comunicazioni radiotelevisive al fine di assi- curare il pluralismo dell’informazione, Autorità per la privacy al fine di difendere il diritto alla riservatezza, etc..
  E’ questa una tendenza evolutiva delle democrazie moderne che costituisce un’ulteriore limitazione del potere di governo e parlamentare e quindi del pote- re dei partiti. Anch’essa nasce dalla consapevolezza di sottrarre alla disponibili- tà delle contingenti maggioranze politiche diritti che hanno importanza strate- gica nel funzionamento di una ben ordinata democrazia. In questa linea l’art. 109 del progetto di riforma costituzionale varato dalla Commissione bicamera- le ha previsto che la legge possa istituire apposite Autorità per l’esercizio di funzioni di garanzia o di vigilanza in materia di diritti e libertà garantiti dalla Costituzione.

5 - Questo complesso patrimonio istituzionale delle moderne democrazie deve essere salvaguardato e rafforzato, tanto più oggi che la democrazia italiana è esposta a una pericolosa deriva plebiscitaria con l’avvento di Berlusconi e del berlusconismo. La democrazia liberale è la perfetta antitesi della democrazia populista, incentrata com’è sul principio fondamentale della limitazione del po- tere politico e della stessa sovranità statale a tutela della legalità e dei diritti fondamentali. Neppure l’investitura elettorale può sottrarre il potere al rispetto della legalità. Neppure le maggioranze parlamentari possono vanificare i princì- pi costitutivi della democrazia moderna.
  Tutta la storia del costituzionalismo democratico e dello stato di diritto altro non è che la storia laboriosa di una lunga lotta contro l’assolutismo del potere, e in primo luogo del potere pubblico. Dapprima è stato sconfitto l’assolutismo del potere di governo attraverso la divisione dei poteri, la rappresentanza e la responsabilità politica, e il principio di legalità; poi è stato sconfitto l’assoluti- smo del potere legislativo, attraverso le costituzioni rigide e le Corti Costituzio- nali; quindi l’assolutismo del potere giudiziario, attraverso la soggezione alla legge della magistratura e lo sviluppo delle garanzie penali e processuali; infine l’assolutismo dei poteri amministrativi e polizieschi, tramite l’affermazione del principio di legalità e del controllo giurisdizionale sul loro operato.
  Ciononostante stiamo attraversando una crisi del costituzionalismo democratico, mediata da una pericolosa obsolescenza dei suoi princìpi nella sfera dell’opinio- ne pubblica e del senso comune. Non si spiega altrimenti perché il problema del conflitto di interessi in testa al presidente Berlusconi sia stato percepito – a volte anche a sinistra – come problema risolvibile o comunque vanificato in ra- gione del consenso elettorale largamente maggioritario acquisito dallo stesso Berlusconi. Il costituzionalismo come limite della sovranità popolare «relativiz- za» l’investitura elettorale come principio di legittimazione del potere.
  Il ritardo e la incertezza della sinistra su questi temi si radicano storicamente nella deficienza della tradizionale cultura comunista sul tema dello Stato, che ha sempre privilegiato le garanzie politiche sulle garanzie giuridiche, e si è e- sclusivamente preoccupata dei rapporti di forza nella società e nella rappresen- tanza parlamentare. E’ da questa cultura politicista che è derivata anche una predisposizione, democraticamente perversa, da una parte alla mera mobilita- zione propagandistica e dall’altra al compromesso tattico tra oligarchie partiti- che.
  Ma questo ritardo non può essere più tollerato nel nostro Paese, dal momento in cui si è insediata aggressivamente nella società e nella sfera del potere una cultura politica come quella berlusconiana, che agitando ipocritamente la ban- diera delle libertà persegue una concezione populista della democrazia e una pratica assolutista del potere, con la pretesa dell’impunità e con l’arrogante ri- vendicazione della libertà da ogni controllo di legalità.


                                                                                                                                                  Gruppo ’94
 

 

 

 

aprile 2003