Toscana-Usa: rapporti contraddittori?

di Ennio Di Nolfo

 

 

 

Il rapporto fra la Toscana e gli Stati Uniti presenta aspetti contraddittori. E' difficile infatti sottrarsi alla sensazione che esso sia caratterizzato da una non comune intensità, attraversata da forti venature positive e da persistenti occa- sioni di incomprensione. Le venature positive hanno radici storiche così pro- fonde da risalire al nome stesso degli Stati Uniti d’America. Dai geografi del Cinquecento agli “avventurieri onorati” del tardo Settecento, la curiosità verso le colonie britanniche d’America e poi verso gli Stati Uniti fu una costante. Du- rante il periodo Leopoldino essa fece da filtro, si potrebbe dire, a una sorta di parallelismo riformista: liberamente costruito dalla società americana o illumi- natamene sviluppato da Pietro Leopoldo. Gli anni della Rivoluzione non fecero che rafforzare il mito. Filippo Mazzei e Giovanni Fabbroni furono i due espo- nenti principali di quella lunga opera di circolazione delle idee che tanto avvi- cinò la realtà toscana al pensiero e alle opere di Jefferson e degli altri Padri Fondatori.

Si potrebbe dire che ciò che attraeva i toscani era, allora, il modello politico - sociale di sistema democratico che negli Stati Uniti faceva la sua esperienza, insieme con l’avvio della prassi di controllo sulla formazione della politica fi- scale dei governi e la lotta antibritannica per l’abolizione delle barriere prote- zionistiche. Dal canto loro gli americani guardavano a questo interscambio cul- turale in modo anche più profondo. Come le opere classiche di J.G.A Pocock, e tutta la sequela di dibattiti che esse suscitarono ha mostrato, l’interesse verso il pensiero politico italiano (non propriamente affine a quello americano dei Padri Fondatori), fu uno degli elementi costitutivi del modo secondo il quale la costi- tuzione degli Stati Uniti prese forma. Se poi, a ciò si aggiunge l’attrazione verso la Toscana avvertita dalla cultura anglosassone e perciò anche da quella ameri- cana, si percepisce l’esistenza di una cross-fertilization rara in altri casi. Giorgio Spini ha esaminato analiticamente e con sapienza la presenza della cultura to- scana nel modo stesso in cui si formò la prima cultura accademica americana. La storia della civiltà rinascimentale e la fama delle bellezze della Toscana e delle sue città fecero il resto. Forse si può trovare qui la radice di quel fenome- no così attuale, in virtù del quale pare quasi necessario, a molte Università a- mericane, di avere oggi una loro sede in Toscana, a Firenze, spesso, ma anche su tutto il territorio della regione. Quasi si avverta la necessità di un ritorno alle origini della cultura moderna per farne patrimonio della formazione individua- le. Il che pone, tuttavia, dal punto di vista odierno, la questione di misurare a fondo l’efficacia di tale progetto. Se esistono insediamenti come quello della Harvard University ai Tatti e quello della New York University alla Pietra, e se esistono tradizioni dalle radici remote, come quella della Syracuse University, della California State University o di Georgetown University, per citare solo al- cuni dei casi più rilevanti, esiste anche un versante meno sviluppato nella sua portata potenziale, che rischia di tradurre l’occasione in momento di svago tu- ristico o apprendimento superficiale della cultura rinascimentale. Si tratta di un fenomeno né irreversibile né inevitabile. Accade talora che qualche università americana ponga termine alla sua esperienza toscana, per molte ragioni che sa- rebbe troppo lungo elencare in questa sede; ma accade anche che stentati avvii diano poi luogo alla creazione di veri e propri cenacoli di collaborazione e di crescita inattesi.
  Si dovrebbe aggiungere a questo breve schizzo anche il ricordo dell'emigrazio- ne politica o quello di manodopera. Tuttavia il tema è solo un aspetto di un fe- nomeno nazionale che non ebbe in Toscana aspetti particolari, a quanto risulta. Tuttavia è interessante osservare come un certo tipo di mano d’opera, quella impegnata nella lavorazione artigianale, specie del materiale lapideo, segnasse la specializzazione toscana nell’ambito dei flussi migratori.
  Ma lo scambio culturale resta il nucleo forte del rapporto fra gli Stati Uniti e la Toscana. Su questo piano le dimensioni politico-geografiche si sfumano sin quasi a diventare irrilevanti. Basti pensare alla presenza della Toscana nell'ope- ra letteraria di tanti autori americani, specialmente a cavallo fra il XIX e il XX secolo (un nome per tutti, quello di Henry James), per avere la percezione del fenomeno. E, in senso opposto, non sembri immotivato il riferimento all'ambi- to musicale. Il maggior musicista italiano di quegli stessi anni, Puccini, ambien- tò negli Stati Uniti una delle sue opere più interessanti (La Fanciulla del West ) e concluse la vicenda di Manon Lescaut nelle paludi della Luisiana, quando an- che Butterfly, se risponde alla continua ricerca di ambientazioni esotiche da parte di Puccini, mostra anche l’attenzione verso il confronto fra due modi di- versi di intendere i rapporti fra i sessi e la natura del modo americano di perce- pire il rapporto matrimoniale.
  Tutto quanto è stato sinora osservato ha suoi connotati cronologici precisi. Il cinema li ampliò ancora e le colline attorno a Firenze o la campagna toscana divennero come un paradigma della bellezza e dell’educazione sentimentale del giovane americano. Viceversa, gli Stati Uniti divennero, specialmente dopo la seconda guerra mondiale, la patria di chi riscopriva un mondo nuovo o di chi cercava, in un ambito più ricco di risorse, maggiori possibilità di sviluppare ri- cerca, specie nell’ambito scientifico e in quello medico.
  Una scorsa così rapida su temi assai complessi (che fra l’altro non considerano la portata della presenza industriale degli Stati Uniti in Toscana) pone peraltro una questione di fondo. La corrente di reciproca comprensione e, si potrebbe dire, simpatia che anima le relazioni fra due entità così diverse si interrompe quando dal piano della cultura si passa a quello della prassi politica. Da questo punto di vista vi è una differenza evidente di modi pensare. Varrebbe la pena di chiedersi quali ne siano le ragioni e se essa sia solo una fase da collocare co- me eccezione, all’interno di un feeling di lunga durata e sempre ricorrente. Non si possono dare risposte brusche e del resto il tempo dovrebbe insegnare come le passioni o le scelte politiche siano sempre temporanee mentre le correnti di fondo danno una sostanza assai più durevole alle vicende umane.

 

 

aprile 2003