Problemi alcol correlati e rete di intervento

di Allaman Allamani

 

 

 

  1. Cultura

 

Nell’ultimo dopoguerra la crescente serie di informazioni epidemiologiche e cliniche sulla questione alcolica ha sempre tralasciato il fatto che la bevanda al- colica non è soltanto un possibile rischio, o un fattore benefico per la salute, ma è portatrice di significati. I significati sono accreditati dalla storia, dalla legi- slazione e in generale dalle scienze umane e sociali in cui si collocano. Le con- clusioni quantitative e le preoccupazioni sanitarie devono dunque essere collo- cate entro la cornice che ci permette di averne esperienza. In altre parole, esse devono essere interpretate relativamente  ai presupposti con cui il problema è stato posto. È il valore d’uso che una cultura attribuisce alla bevanda alcolica che poi definisce i modi con cui la questione alcolica è affrontata; così si può capire perché ad esempio in Italia, dove è restato sempre centrale l’uso alimen- tare del bere, la questione è stata percepita in termini prevalentemente medici, mentre nei paesi anglosassoni, dove il bere è stato ricercato in prevalenza per i suoi effetti euforici, essa ha preoccupato in termini di ordine pubblico e di pro- duttività. Autori contemporanei come il sociologo Cottino tengono così  a mo- strare come la questione alcolica non sia tanto un oggetto di dimostrazione scientifica, come gli studi  medici ed epidemiologici fanno sembrare oggi, ma piuttosto  una costruzione sociale.

In effetti nel dopoguerra e specialmente nell’ultimo decennio, la cultura alcolo- gica  in Italia esprime incertezze, confusione, conflitti in ricercatori, formatori e clinici, proprio perché l’alcologia è un territorio complesso, in  cui si interseca- no numerose discipline. Ciò spiega come sul piano del trattamento i suoi pro- motori siano sul campo come pionieri.

  Una delle occasioni di confusione in questi ultimi decenni è proprio la defini- zione di alcolista, dizione un tempo senza incertezza attribuita agli ebrei, ogget- to di disapprovazione pubblica. Essendo poi adesso la cultura medica italiana da almeno cinque lustri egemonizzata dalla letteratura angloamericana, l'alcoli- smo è stato da allora tradotto nei termini di quella letteratura come condotta legata al bere, individualmente determinata, e socialmente inaccettabile, moti- vata psicologicamente ai fini di allentare il controllo, e con conseguenti proble- mi nella sfera del comportamento. A questa concezione hanno dato man forte le opinioni di psichiatri e psicoterapeuti nostrani, formati su una casistica clini- ca a forte componente psicopatologica, nonché la posizione di operatori a con- tatto con realtà regionali in cui i problemi alcolici si rivelavano per essere più tipicamente correlati ad alterazioni del comportamento sociale (come l’estremo nord-est italiano). Il fiorire di Alcolisti Anonimi (AA), di matrice americana, e del movimento dei Club degli Alcolisti in trattamento, originato nella cultura alcolica croata, in cui le conseguenze relazionali del bere sembrano particolar- mente evidenti, hanno ancor di più rafforzato la concezione dell'alcolismo co- me problema di dipendenza determinato da una psicopatologia individuale e familiare. 

Con tutto ciò, il termine onnicomprensivo «problemi alcol-correlati» tende oggi a sostituirsi a quello di alcolismo. La classificazione delle culture in «bagnate» e «asciutte» mette da un lato i paesi come l’Italia ove è accettabile il bere anche elevate quantità quotidiane di bevande alcoliche, e dall’altro quelle culture o- rientate a una minore permissività; in queste, rispetto alle varie sostanze chimi- che, sono elevati tanto il valore dell’auto controllo quanto il timore di perderlo. Il quadro è complicato dagli interscambi tra le culture che si concretano nei processi di modernizzazione e di internazionalizzazione del bere.

 

 

 

2. Epidemiologia e problemi alcol-correlati

 

Secondo le stime di alcuni studi, parte dei quali compiuti in  Toscana, almeno un adulto italiano su cinque è bevitore ad alto rischio. Esiste una cultura del bere più radicata tra i lavoratori e i residenti delle aree rurali. La maggior evi- denza del problema si accompagna tuttavia, come in altri paesi europei, a una tendenza complessiva a bere meno, soprattutto meno vino, nel nostro paese: il consumo pro capite pro die espresso in alcol anidro, che aveva raggiunto il suo acme nel dopoguerra, con 16 litri a testa durante il 1970 (superiore anche ai consumi dichiarati dall’ISTAT per i decenni 30 e 40), è declinato fino a 8,4 litri nel 1991. Le attuali osservazioni che la dieta e i virus epatici possano essere fattori rilevanti nella genesi dell’epatopatia, e che nel caso della coronaropatia dosi moderate di alcol si associno a maggiore sopravvivenza, nulla tolgono al rischio che presentano gli alti consumi. Come esempio, secondo uno studio condotto a Firenze nel 1977, il 40% dei bevitori di oltre 60 grammi di alcol al dì mostrava almeno segni minimi di sofferenza epatica. Le stime ufficiali italia- ne attualmente indicano che sono almeno 30.000 i morti ogni anno per tutte le malattie indotte da alcol, mentre le medesime permettono di asserire che i mor- ti da cirrosi epatica etanolica siano tra i 5.000 e i 10.000.

 

 

 

   3. Legislazione

 

Nel secondo dopoguerra la questione alcolica in Italia entra in una fase più li- berale. Tuttavia la legislazione per lungo tempo si è occupata solo marginal- mente del problema. Nella legge sulle tossicodipendenze n. 685 del 1985, al- l’articolo 90 c’è solo un accenno all’intervento sull’alcolismo, inquadrato all'in- terno di iniziative preventive curative riabilitative. Come conseguenza, solo in 10 leggi regionali veniva menzionato l’alcolismo.

 Nella legge 180 del 1978 l’alcolismo è stato abrogato come crimine, liberan- do il medico dal dovere di farne denuncia. La legge 297 del 1985 indica che se l’alcoldipendente (o il tossicodipendente) è in un programma di recupero, può essere concesso l’affidamento in prova al servizio sociale in modo da permette- re al soggetto l’attività terapeutica.

 Dal 1982 sono poi comparse varie proposte di legge da parte di vari partiti e una di iniziativa popolare. Nessuna è stata tradotta in parlamento. Tuttavia è stata attuata la legge 11 del 1988 e il decreto ministeriale del 10.8.1988, che prevede per chi guida un autoveicolo la tolleranza fino allo 0.8 per mille millili- tri in alcolemia, con arresto fino a un mese dei trasgressori e ammenda da lire 200.000 a 1000.000. L’incertezza sugli strumenti a cui affidare la valutazione dell’alcolemia rende però tale legge, almeno finora, poco operante.

 Con il presente decennio è da menzionare la specifica novità che il Ministero della Sanità, dietro sollecitazione della Società Italiana di Alcologia, nel 1991 ha insediato una commissione nazionale per i problemi correlati con l’alcol e nell’agosto 1993 ha proposto con decreto ministeriale delle linee guida per la prevenzione e il trattamento dell’alcolismo. Tale iniziativa è parallela a specifi- che legislazioni regionali realizzate anzitutto in Lombardia, in Toscana (legge dell'agosto 1993) e nel Veneto.

 

 

 

ottobre 1993