A proposito di complotti  (1)

di Franco Cardini

 

 

 

Su «L’Espresso» di ottobre, Umberto Eco dedica una delle sue « Bustine di Minerva» a un’iperstoria paradossale della faccenda Gelli-Nardi-Moro colle- gando i tre casi-chiave a un lungo ed esilarante Todtentanz in cui entrano tutti i congiurati o ritenuti tali d’Italia: una gran costruzione improbabile (ma, visto come  certi mass media trattano ormai l’intricata materia dietrologica, nemmeno poi tanto) grazie alla quale «si spiegherebbe tutto l’affare Dreyfus e lo scandalo della Banca Romana, la congiura delle Polveri e la Macchina Infernale di Geor- ges Cadoudal. Per non dire di Sofri, che non può continuare a fare il santarelli- no» .

Eco sostiene di aver avuto l’idea per la sua decrittazione fantacomplottistica da una vignetta di Giuliano su «la Repubblica» del 17 ottobre: ma io ho l'im- pressione che in qualche modo egli non sia rimasto insensibile nemmeno al gran parlare che in questi giorni si è fatto del bel libro di Zeffiro Ciuffoletti, Retorica del complotto (Il Saggiatore): un libro peraltro ispirato in una certa misura - e Ciuffoletti lo ha detto - proprio ai due romanzi di Umberto Eco: a Il nome della rosa, nel quale ci si serve ampiamente di quel «paradigma indiziario» del quale anche gli storici discettarono ampiamente alcuni anni fa sulla base di un saggio di Carlo Ginzburg; e a Il pendolo di Foucault, che dispiega una multiforme e am- mirevole erudizione attorno alla letteratura del complotto; né è da dimenti- carsi che il Popper, nel saggio sulla teoria della cospirazione, aveva detto altre cose. Il complotto universale, quello con la C maiuscola, quello dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion e del diavolo che appare durante le sedute dell’improbabile Massoneria Palladiana della quale si parlava in campo cattolico ai tempi di pa- pa Leone XIII, non esiste: questo sostiene non da ieri l’illustre semiologo, il quale concede tuttavia che possano esistere semmai vari complotti piccoli, ma- gari fondati sulla conclamata necessità di sventare complotti altrui (le BR non agivano forse per vanificare il Gran Complotto del Capitale - beninteso soste- nuto dalla Chiesa, dalla CIA e dai fascisti - contro l’intero genere umano? ). E ho i miei dubbi, poi, che Eco non creda anche lui al Complotto universale, che - appunto come s’insinua ne Il pendolo di Foucault - non potrebb’essere se non di destra, dal momento che anche lui, di recente, ha apposto la sua augusta firma in calce all’appello (corroborato da firme molto meno illustri della sua) teso ad appurare chi siano, quanti siano eccetera gli studiosi con passato e radici di e- strema destra i quali ancor oggi ammorbano, da quelle F.O.D.R.I.A. (Forze  Oscure della Reazione in Agguato) che sono, le ime latebre del nostro mondo culturale e universitario. Come se poi di guai, quel mondo lì, non ne avesse già abbastanza; e già non vi abbondassero gli imbecilli di varia origine, anche senza far il censimento di quelli di matrice neofascista.

Quanto a me, sento di poter parlare con assoluta tranquillità perchè sono un antemarcia, e in vari sensi. Sono stato difatti uno tra i primi estimatori di en- trambi i romanzi di Eco, e con una non sospetta sollecitudine; e Ciuffoletti mi darà atto che sono stato uno  dei primi e forse anche dei più entusiasti estima- tori del suo libro, che egli mi ha fatto l’onore di farmi leggere per larghi passi quando ancor era in gestazione e del quale abbiamo più volte e a lungo parlato. A parte il fatto che - antemarcia anche in questo - appartengo anch’io, ebbene sì, alla sparuta (ma quanto?...)  pattuglia degli studiosi con precedenti di estre- ma destra che turba i sonni del- l’amico Umberto Eco: e, scellerato, me ne van- to, se non altro perché fin da  quando avevo sedici anni ho imparato ad assiste- re alle «cacce alle streghe» interpretando la parte della strega: il che non sarà comodo, ma è molto istruttivo.

L’Italia è piena di complotti; rigurgita del polverone sollevato da troppi Cava- lieri del Giusto e del Bene che vanno in giro a smascherare i tenebrosi adepti  della notte. Politici in crisi e free lances(non so poi quanto free; e quanto lances) in cerca di pubblicità non trovano di meglio che cucire alla peggio spezzoni di oscuri fatti di cronaca collegandoli maniacalmente fra loro per mezzo di ardui castelli e arditi ponti non già di prove, bensì d’illazioni, di teorie indimostrate, d’ipotesi arbitrarie tese sul filo pericoloso della coincidenza. Perdono volentieri le trovate della signora Di Rosa perché ha inondato le copertine dei rotocalchi dei suoi bellissimi occhi grigio-azzurri; non me la sento invece per nulla di per- donare quei funzionariotti del PDS che - con una veterotecnica degna del Pci - hanno dato sfogo alle loro frustrazioni di robesperriani falliti rispolverando a proposito di Firenze la congiura demoplutogiudaicomassonica del cavaliere Be-nito Mussolini (nonno, si ricordi, della più celebre e più carina Alessandra) e hanno pubblicato a mo’ di liste di proscrizione i nomi, eccellenti e più spesso no, degli iscritti toscani alle varie logge massoniche. Ma questo miscuglio di ve- rità, di aperte bugie, di prove reali e indizi ipoteticamente interpretati, già il Volkoff l’aveva presentato in uno suo romanzo, Il montaggio, come caratteristica di lavoro del KGB e, più in generale, come fondamentale ingrediente del siste- ma marx-leninista d’interpretare la storia.

Un’interpretazione che appunto - e il Profeta di Treviri l’aveva pur dichiarato - avrebbe poi dovuto servire non già a contemplare il mondo, bensì a trasfor- marlo. Perché la bugia è progettuale: ed è tanto più efficace quanto più si basa su «verità» tremende ma indimostrabili, logiche ma non necessariamente dimo- strabili alla luce d’un miserabile staccio di prova. Come diceva appunto Jean-Paul Marat: «Per credere a un complotto voi avete bisogno di prove giuridiche: a me basta l’andamento della situazione generale, le relazioni dei nemici della libertà, gli andirivieni di certi agenti del potere».

Peccato che, a suo tempo, i bidelli italiani del KGB (che poi, com’è noto s’in-dignano e si stracciano le vesti se l’arma dietrologica si volge contro di loro; ve- dasi la faccenda «Gladio Rossa») abbiano fatto di tutto per far sparire il libro del Volkoff: ma l’eventuale lettore di buona volontà ne rintraccerà l’assunto in un volume da me coordinato appunto nel 1989 (bicentenariale omaggio ai grandi pinocchi complottologi della Rivoluzione francese) e sintomaticamente inti- tolato La menzogna (ed. Ponte alla Grazie).

Complotti complotti complotti: venghino venghino al Gran Baraccone dietro- logico. Ce n’è per tutti i gusti: antichi e moderni, laici e religiosi, di destra e di sinistra.

 Gli ebrei avvelenavano i pozzi per spargere il contagio in combutta col Ve- glio della Montagna, streghe e untori volevano a ogni costo spiantar il genere umano con l’aiuto benintenso del diavolo, non si dica quel che non ha com- binato il pugnale dei neri gesuiti, i massoni hanno scatenato la Rivoluzione  francese in odio alla Chiesa e ai regni cristiani, le malefatte degli anarchici non si contano; per non dir nulla dei fascisti, più volte denunziati da finissimi cesel- latori della dietrostoria quali - ricordate - Camilla Cederna come responsabili  dei più efferati crimini e delle più atroci congiure dell’ultimo mezzo secolo e re- sponsabili con ogni probabilità non solo della strage di Bologna, ma anche del- luvione del ’66 e dell’acqua alta a piazza San Marco (presumibilmente per pu- nire Firenze e Venezia, notoriamente città antifasciste).

La complottomania nasce quando il paradigma indiziario esce dal rispettabile mondo degli strumenti dell’esegesi scientifica per esser utilizzato (e se ne fa, ap- punto, uso improprio) in quelli tanto meno rispettabili del dibattito politico e  giudiziario.

Il complotto è la scorciatoia grazie alla quale si può finger di aver capito tutto quando, al contrario, non si sta capendo un bel niente di niente; per questo, nei momenti di crisi politica o sociale, esso riemerge come ricerca pressante di un Capro Espiatorio l’identificazione del quale costituisca il taglio del nodo di Gordio dell’emergenza e restituisca alla gente unità all’individuazione del Ne- mico Metafisico da battere.

In Germania nel ’33, con questi presupposti e grazie a meccanismi propagan- distici del genere, un pugno di disperati e di scellerati ha vinto le elezioni riu- scendo a tirar dalla loro parte - sia pur temporaneamente - anche gente come  Schmitt, Heidegger e Furtwängler.

Ricordiamocene, prima di entusiasmarci troppo anche dinanzi ai Nuovi Eroi di tangentopoli: perché sovente - anzi, è forse una regola strutturale - la psicosi del complotto evoca come immediata conseguenza la necessità di un salvatore.

Vigilate, dunque: perché, se il Grande Complotto non esiste, di complotti pic- coli, parziali, limitati ma provvisti di ben precisi programmi ce ne sono eccome, e tanti.

E sovente chi grida al complotto è in realtà egli stesso un complottatore che sta organizzando un po’ di polverone per lavorar indisturbato.

Attenzione: il ventre che, in passato, ha partorito Complotti e Salvatori è an- cora gravido. Lo sarà sempre. Sta a noi, come raccomandava Paolo di Tarso, vigilare.

 

luglio 1993                                                                                                                          articoli correlati