Cultura, informazione e politica

di Luciano Cavalli

 

 

 

Parrebbe naturale, fisiologico, in una grande e vitale nazione, che la carenza di leadership politica capace di portare avanti i massimi interessi materiali e morali comuni, fosse bilanciata dall'irrompere di una più coraggiosa e saggia leadership degli intellettuali.

Ma a questo sviluppo ostano il controllo sociale di cui i partiti dispongono, lo scarso allenamento degli intellettuali italiani a un tale ruolo e, inoltre, il sistema comunicativo incentrato sulla radio-televisione che i partiti direttamente con- trollano. La televisione di Stato ha un peso determinante. Non si può qui tace- re che quello che avrebbe potuto essere il mezzo più potente di educazione ci- vile e politica, tale da elevare veramente il livello complessivo del popolo ita- liano sotto questo aspetto, è stato ed è invece  usato per interminabili spettaco- li di varietà e sottoprodotti filmici che sembrano atti solo allo scopo contrario di istupidire, involgarire, corrompere il pubblico di massa. Non contenti di tale enorme danno, conseguente all'aver affidato quel potente  strumento a uomini che hanno soltanto il pregio di essere fidati, i patroni politici ottengono l'addo- mesticamento più insulso delle trasmissioni propriamente politiche: esempio e simbolo, le tavole rotonde organizzate con intellettuali di partito e di «area». Tuttavia, le istituzioni culturali sono destinate ad assumere un'importanza cre- scente anche per la sfera politica, spesso sostituendo i partiti: reti di centri di ricerca universitari e para-universitari possono assolvere molto meglio il ruolo di analisi, studio, progettazione in tutti i campi (come, d'altronde, si può vedere in Paesi democratici avanzati, come gli USA).

Un complesso sistema di istituti pubblici (a cominciare dall'università) e d'ini- ziative culturali private già oggi contribuisce molto più dei partiti all'educazio- ne politica degli italiani e, se mai, dà meno di quanto potrebbe per colpa dei partiti; un'utilizzazione libera, intelligente, moderna dell'università e dei media potrebbe fare in pochi anni miracoli per questo aspetto. Anzi, si determinereb- bero pure le condizioni  per selezionare una classe politica dirigente di livello e- levato, che assicuri al Paese la guida ideale, politica, tecnica, di cui ha bisogno.

Azzarderei l'ipotesi che la politica possa presto, in tutte le sue dimensioni, mostrarsi più «ineliminabile», anzi più necessaria che mai: però praticata su fondamenta culturali più alte e solide e, dunque, con nuove idee, istituzioni e modalità, in buona parte da inventare. In questo quadro collocherei l'ipotesi di un progetto-Paese, incentrato sul presupposto che la crescita culturale (in ter- mini di ricerca, istruzione professionale, educazione politica, «riciclaggio», pura cultura) rappresenti il fattore principale dello sviluppo onnilaterale, della vera «modernizzazione»: come gli studi internazionali ormai dimostrano, esso può far fare un balzo innanzi ad una nazione per tutti gli aspetti, nella competizione sempre più serrata per la vita che è in atto nell'arena internazionale, e più di ogni altra cosa può salvaguardarla da grandi crisi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il sociologo Luciano Cavalli ha dedicato molta attenzione al ruolo degli intellettuali, e più in generale, della cultura nella democrazia contemporanea - fin dal tempo de Il sociologo e la democrazia (1964) e La democrazia manipolata (1965). Sul tema è poi tornato in Governo del leader e regime dei partiti, pubblicato dal Mulino di Bologna.