Crisi dei partiti e crisi del sistema politico

di Zeffiro Ciuffoletti

 

 

 

Ai commentatori più attenti delle cose politiche italiane non è  sfuggito il fatto che la crisi dei partiti non è altro che l’aspetto em- blematico della crisi generale del sistema politico.
  Si tratta di una crisi che viene da lontano ma che è stata «svela-  lata» dalla fine della guerra fredda che aveva ingessato il sistema politico italia- no dalla II guerra mondiale al 1989. Tanto è vero che la fine della guerra fredda ha prodotto ovunque delle conseguenze più o meno grandi in ogni paese occi- dentale. L’Italia, che costituiva l’anello debole del fronte occidentale, ha sof- ferto gli effetti perversi della guerra fredda anche perché, proprio in Italia, si re- gistrava la presenza del più grande partito comunista dell’Occidente. Ecco per- ché qui le conseguenze della guerra fredda sono state più profonde che altrove nel determinare l’assetto del sistema politico e le dimensioni sconvolgenti della sua crisi.
   La guerra fredda ha fatto da schermo ad un sistema politico e istituzionale che si è venuto strutturando in chiave consociativa, al di sotto dell’apparente antagonismo ideologico, destra-sinistra, caratteristico dell’apparente dualismo imperfetto del sistema politico italiano. Insomma, al di là degli scontri ideologi- ci e delle durezze dei conflitti, il sistema politico italiano viveva in una progres- siva logica partitocratica, consociativa e spartitoria, di cui facevano parte tutti i partiti dell’arco costituzionale, compreso il PCI. Questa logica ha raggiunto il suo culmine negli anni settanta e ottanta e a questa logica vanno legati tutti i fenomeni patologici del sistema italiano: instabilità dei governi, ma stabilità della classe politica e dei partiti; assenza di alternativa; centralità del ruolo del parlamento a danno dell’esecutivo, impossibilità di governo del sistema e di qualsiasi programma di carattere riformistico. La logica consociativa ha prodot- to la degenerazione dello stato sociale in stato assistenziale e l’assoluta identifi- cazione dei partiti con lo Stato e con l’amministrazione. Da qui l’origine siste- mica di quella che viene chiamata la «questione morale»: le tangenti e la corru- zione strisciante della classe politica a qualsiasi livello.
   Paradossalmente questo sistema aveva conferito alla politica e ai partiti una funzione preminente e totalizzante rispetto alla società civile. Per questo sono falliti tutti i tentativi di riforma istituzionale tesi a diminuire il potere dei partiti e a rendere più efficace e incisivo il governo del paese in una fase di grandi tra- sformazioni economiche è sociali.
   E’ fallita la grande riforma di Craxi, che aveva avuto il grande merito di af- frontarla per primo, e che poi ha abbandonato per strada davanti all’opposizio- ne forsennata di coloro che, a distanza di dieci anni, sono diventati i più acca- niti sostenitori della riforma istituzionale.
   La fine della guerra fredda ha reso infatti evidente la disfunzione del sistema politico e tutti i mali e le anomalie, prima nascosti dalle ideologie, sono venuti a galla. Oggi il sistema politico non solo vive una crisi drammatica, ma ha per- so la sua centralità. Altri sistemi, da quello dei media a quello industriale a quello mafioso, concorrono a delegittimare il sistema politico che non si è reso conto di essere diventato un sottosistema sottoposto alla concorrenza e agli at- tacchi degli altri sistemi, proprio per le sue lotte intestine, per la sua ineffi- cienza e per la sua evidente incapacità di riformarsi. Tutto ciò avviene nelle de- mocrazie, ma è particolarmente rischioso in Italia in quanto indebolisce la dife- sa degli interessi collettivi e dei ceti più deboli, prerogativa tipica di uno stato sociale moderno.
 

 

 

aprile 1992