Il libro di oggi è un patrimonio culturale da salvaguardare?

di Maurizio Copedè

 

 

 

Definire il valore e la posizione del libro nell’ambito del patrimo- nio culturale non è cosa facile (soprattutto per chi, come chi scrive, ha il compito di conservare le raccolte librarie), dato che ci si chiede, addirittura, se il libro faccia parte o meno del nostro patrimonio cul- turale.

Se guardiamo alla produzione del passato, ma del passato remoto - prima di un secolo e mezzo fa, per intenderci - certamente tutti (o quasi) concordano nel ritenere che l’oggetto libro è un bene culturale, con tutto ciò che consegue a questa appartenenza. Ma se andiamo a considerare il prodotto moderno allora cominciano a sorgere molte perplessità ed innumerevoli distinguo: ad un fasci- colo di Lacerba, o ad una prima edizione di Joyce, ad esempio, certamente si conferirà la dignità di documento storico, ed al singolo pezzo si presterà parti- colare attenzione.

Per molti altri libri, invece, è solo il messaggio testuale, eventualmente, il pa- trimonio culturale: essi sono solo strumenti di cultura, oggetti d’uso, e come ta- li conservati. Gli uni tutelati anche nella loro specifica materialità, gli altri man- tenuti quali supporto di un testo, il cui contenuto, però, può essere riversato su di un altro supporto ed altra forma.

È la reperibilità del numero di esemplari e lo spessore del valore culturale che deve operare la scansione? In teoria questo criterio non dovrebbe essere segui- to, così come è fortemente deleterio affidarci solo agli eventi ed ai personaggi principali per documentare la nostra storia. Ma nel caso del moderno e, più an- cora, del presente, dove si rischia, per l’enorme mole di documenti prodotti, di nulla mantenere, uno “scarto” è d’obbligo: un po’, per certo qual modo, come si opera negli archivi. La selezione, nella grande quantità, se non viene guidata ed ordinata, potrebbe essere, di fatto, ugualmente operata, ma seguirebbe una “via naturale”, di tipo darwiniano, e si rischierebbe di privilegiare i libri con ampia tiratura, od i libri stampati su carta più durevole, o quelli ritenuti econo- micamente più preziosi, non necessariamente esemplificativi dell’intera produ- zione od i prodotti più importanti della carta stampata. Per alcuni libri potreb- be essere sufficiente essere a conoscenza della loro esistenza, senza mantener- ne perfino il contenuto.

Per altri quest’ultimo sarebbe essenziale, ma solo questo, indipendentemente dal supporto e dalla forma. Per altri ancora sarebbe necessario conservare l’in- tera materialità originale dell’oggetto. È su questi diversi fronti che, credo, si dovrebbe riversare l’intera produzione odierna, con criteri di scelta che dovran- no tener conto di molti parametri, ben definiti. Anche questi criteri, però, do- vrebbero essere chiari e sempre conosciuti, per dare in futuro una collocazione corretta a ciò che sarà rimasto.

Ma il libro, oggi come ieri, possiede un rapporto personale con il lettore, che si genera anche dalla sua materialità e dal suo confezionamento, tant’è che vo- lutamente in alcune edizioni si curano particolarmente questi aspetti tattili e formali: tali “valori” credo debbano essere tutelati. Penso anche che sempre di più gli editori dovrebbero ricercare e valorizzare questi aspetti fisici, che dif- ferenziano il libro dall’altro supporto e strumento di lettura, che si pone paral- lelo (e mai contrapposto): la pagina digitale.

 

novembre 1999                                                                                                                   articoli correlati