Enzo D'Angelo: Giovanna d'Arco di Maria Luisa Spaziani, Mondadori, Milano

 

 

 

 

 

Giovanna d'Arco: il segreto, la poesia

 

 

 

Da anni si piange sulla «crisi della poesia», sulla difficoltà di allargare il nu- mero sparuto dei lettori di versi (ma pare che dai tempi in cui non esisteva la deprecata televisione siano proporzionalmente sempre in numero uguale come quello di una setta segreta) e, insieme, sull’indiscriminato proliferare di poeti. Ma qualche volta una buona notizia arriva. La Giovanna d'Arco di Maria Luisa Spaziani (oscar oro Mondadori, 1990) è giunta alla seconda edizione, ha avuto una tiratura da romanzo e sta per esserne tratto un film.
  Un altro film su Giovanna d’Arco dopo ben otto, fra cui il capavolaro di Dre- yer e quello di Fleming, l’uno e l’altro con due volti indimenticabili, la Falco- netti e Ingrid Bergman. Il fatto è che la storia narrata dalla Spaziani è tutta di- versa, tutta a sorpresa, e ci induce a meditare su quell’infinitum che è la Storia, paradossalmente sempre più nuova, sempre più evidente nelle sue pieghe man mano che i decenni o i secoli passano. Infatti, se in questo «romanzo popolare in ottave, in sei canti e un Epilogo», come recita il sottotitolo, troviamo intatto il senso e lo spirito di un grande personaggio sacro e solo in parte leggendario, le vicende esteriori sembrano essere andate in altra maniera. E tutto questo sulla base di documenti abbastanza convincenti. E vero che Giovanna si è spo- sata e non è finita sul rogo? Quale fine si può immaginare o inventare per lei?
  Certo il valore del romanzo sta nel suo ritmo indiavolato, nell’incalzare dei bel- lissimi versi che ci portano in cavalcate e battaglie, in polemiche politiche ed e- stasi indimenticabili dove l’eroina parla con l’Arcangelo Michele che, per farsi capire soltanto da lei, parla un linguaggio incomprensibile di pura e mirabile in- venzione (starkenlilium versorium de contrada...). Il valore sta nella poesia che ai toni narrativi dei primi canti, pur pimentati di immagini e metafore originalissi- me, fa seguire l’aria rarefatta e mistica delle conclusioni di alto pensiero. Ma le ambizioni dell’autrice, a quanto ci ha detto, vanno stranamente oltre, e con de- cisione assolutamente inedita ha affidato alla poesia, all’ottava, una scoperta o almeno un’ipotesi storica di cui certo in avvenire si dovrà parlare in sede extra-letteraria. Il punto è questo: come ha fatto una pastorella sedicenne analfabeta che parlava il patois della Lorena a parlare francese, a conoscere la teologia, a saper trattare con il re, con i principi e con i capitani, come ha fatto soprattutto a conoscere, in campo militare, la strategia, la tattica, l’organizzazione di un e- sercito? Il segreto c’è, gli storici del passato lo hanno sfiorato senza accorgersi della forza dirompente che una simile scoperta avrebbe avuto.
  Salutiamo comunque questa bellissima storia che, come si presenta, ha il sa- pore della favola. L’ottava, si sa, è genere antico e illustre, va dal Boccaccio al- l’Ariosto, dal Tasso fino a Gozzano. Soltanto la Spaziani, uno dei quattro poeti centrali nel panorama odierno, ha saputo farlo rivivere oggi e darle un accento così moderno, sapiente e suggestivo.

 

 

 

 

aprile 1992