Enzo D'Angelo: Torri di vedetta  di Maria Luisa Spaziani, Ed.Crocetti, Milano

 

 

 

 

 

Viaggiare in versi, dalla Spaziani a Bertolucci

 

 

 

Lettori fedeli e una critica fedele hanno seguito il cammino di Maria Luisa Spaziani dalle lontane Acque del Sabato, del 1945, fino a La stella del libero arbi- trio, del 1986, attraverso altri cinque fondamentali titoli fra cui Geometra del di- sordine che nel 1981 ha vinto il premio Viareggio. Un’antologia tratta da questo volume e da altri uscirà a Parigi, presso il Mercure de France nel gennaio del 1994 con prefazione di Yves Bonnefoy.

Torri di vedetta, l’ultimo suo libro (ed. Crocetti, Milano) è stato visto da qual- cuno come «opera minore di transizione», forse per il numero ridotto delle pagi- ne rispetto a tutti i nutriti volumi di poesia della Spaziani. Ma a un’attenta let- tura si può scorgere come si tratti invece di una raccolta autonoma e significati- va. In essa ritorna il tono alto della Spaziani, mai smentito nemmeno quando la poetessa attraversava gli anni più audaci e frastornati dalle nostrane avan- guardie.

E non si è trattato di una monotonia di tono o di una mancanza di argomenti fantastici, anche perché non ci sembrano molti i poeti contemporanei che pos- sano esibire un panorama altrettanto vasto di toni, timbri e situazioni quanto lei. Si tratta di una fedeltà di fondo.

Ecco qui ad esempio ritornare, con paesaggi nuovi e stati d’animo diversi, il tema del viaggio.

In Maceria di Provenza, una delle poesie più suggestive, ci troviamo a Les Beaux com’era vent’anni fa, reticolo di strade ancora percorribile fra macerie di case e casupole, dove la natura ha riaffermato i suoi diritti, gli scoiattoli hanno preso dimora nel campanile, querce e ciliegi anche non giovani sono cresciuti nel baratro interno delle case e sono uscite con le chiome dai riquadri delle fi- nestre.

 

Bastò l'aria spostata da una rondine

ne sprofondò anche il nome.

 

Ma altri memorabili viaggi ci sono in questo Torri di vedetta: un viaggio a Par- ma con il suo grande amico Montale, una pre-primavera canavesana e soprat- tutto il Viaggio Verona-Parigi lungo il quale si snodano personaggi perduti e struggenti ricordi della giovanile scoperta di Parigi.

Si diceva prima della fedeltà di tono. È vero, ma è altresì vero che nel 1990, la Spaziani ha pubblicato negli Oscar Mondadori un libro che è anche poesia, ma che si chiama Giovanna d'Arco e, in sottotitolo, romanzo popolare in ottave. Il teatro l’ha poi scoperto, questo poema-romanzo, e da due anni sta girando nei teatri italiani e anche in qualcuno all’estero.

Alcuni critici discutono se sia «tutt’altra cosa» o «la stessa cosa», se cioè, e fin dove, il vasto tessuto narrativo con battaglie, invettive e plurilinguismi possa davvero «continuare» il raffinato discorso di prima.

Non possiamo entrare qui in un discorso critico ampio, ma vorremmo sottoli- neare una curiosa coincidenza.

Attilio Bertolucci ha scritto, negli anni, almeno quattro libri di versi basilari - chi non ricorda ad esempio La capanna indiana? - e quando tutti lo conoscono per il suo acceso lirismo e le sue forme brevi, ecco lui aprirsi al vasto e narrati- vo discorso de La camera da letto, in incubazione da più anni, e sorprendere i suoi lettori e capovolgere cifre critiche che sembravano permanenti

Ma quest’anno altro colpo di scena inverso, è uscita la raccolta Verso le sorgen- ti del Cinghio che ritrova il tono e la misura rigorosa dei suoni primi decenni.

Dunque tanto la Spaziani quanto Bertolucci si sono concessi, al centro della loro opera, una pausa che per lei risale, come suggestione storica, ai cantastorie popolari e all’Ariosto. E per lui, sul filo della memoria, nientemeno che al suo amato Proust?

Il seguito della loro opera per tanti aspetti vicina, ci farà seguire con curiosi- tà e interesse i loro viaggi nel tempo e nello spazio.

 

 

 

 

 

luglio1993