Democrazia e Stato sociale

Il ruolo del sindacato, le proposte, le riforme

di Sergio D’Antoni

Segretario generale Cisl

 

 

 

La democrazia non sarà matura se non sarà pienamente sociale. Abbiamo più volte constatato che la fine del comunismo non va vista come l’automatica conferma della vittoria del capitalismo: anzi le esaltazioni superficiali ed inte- ressate di qualche anno fa hanno rapidamente ceduto il passo ad una riflessione più seria sulle difficoltà che la fine di un’illusione apre per il futuro delle demo- crazie industriali contemporanee, tra cui la nostra.

La democrazia ed il mercato vanno regolati sulla base di valori di solidarismo e di giustizia. Non sarà possibile affrontare la nuova fase se non si recupererà il senso dei valori, della loro gerarchia, la centralità della dignità della persona u- mana, dei suoi diritti, della sua coerenza solidale con la comunità.

Il nostro impegno è quello di contrastare, sul piano culturale e su quello della iniziativa rivendicativa, le suggestioni pericolose di un capitalismo propenso a restringere i margini di partecipazione. Restìo a fissare regole nuove per l'afflus- so del risparmio e la regolazione dei processi di accumulazione.

C’è una via interna al sistema capitalistico, ed iscritta quasi per memoria nella nostra Costituzione, che è quella della partecipazione alla vita dell’impresa. Una via che è stata parzialmente esplorata ma che oggi viene rilanciata da og- gettivi problemi di qualità e di competitività. E’ la via della capitalizzazione di massa, dell’apertura del mercato azionario, dell’impiego dei fondi pensione, della possibile accumulazione per servizi sociali, come manifestazione concreta di solidarietà e di vincolo rispetto alle generazioni future. Abbiamo ora questa grande opportunità delle privatizzazioni, il cui dibattito si è finora incentrato, purtroppo, solo sull’aspetto contabile. Perchè non far diventare questo momen- to come il vero spartiacque della nuova democrazia economica, per cambiare, definitivamente e radicalmente, il capitalismo nel nostro paese? Successiva- mente si tratterà di decidere, come è accaduto in altri paesi europei, chi parte- cipa al cosiddetto “zoccolo duro”, cioè al gruppo di controllo delle azioni. Si innescherebbe così un circolo virtuoso per garantire una evoluzione positiva, con una economia sinergica tra quanto va bene e quanto va male, all’interno del meccanismo pubblico. Questo percorso potrà/dovrà trovare una verifica al- l’interno del negoziato generale per la modifica della struttura contrattuale (ri- partendo dall’accordo del 31 luglio) affermando una modello partecipativo for- te, autonomo, unitario, che si pone come strumento per la trasformazione  del sistema politico e delle istituzioni, che negozia e conclude sulla base dei suoi interessi e della capacità di interpretazione da sé, interessi generali.

Sappiamo bene, tra l’altro, come sia difficile oggi ricomporre tutti i termini problematici del nostro Welfare State. Siamo di fronte, al tempo stesso, ad una crisi del suo “modello” e ad una crisi del suo “governo”. Ma dobbiamo ricono- scere che le fondate critiche ai limiti, ai servizi, ai costi dello Stato sociale ri- schiano di liquidare, assieme a prestazioni inadeguate e ingiuste, domande e significati che hanno giustificato e giustificano l’esistenza stessa dello Stato sociale. Una cosa devono sapere i lavoratori in questa fase: aver finalmente ot- tenuto la riforma delle pensioni significa aver garantito, prima di ogni cosa, il diritto alla pensione alle generazioni future. A tale principio si ispirano del re- sto alcune importanti e recenti innovazioni, da noi fortemente volute, come la separazione tra previdenza e assistenza, come la delegificazione e la ristruttu- razione dell’Inps. La funzione sociale fondamentale della pensione resterà quel- la di assicurare la tutela della sfera dei diritti di cittadinanza che connotano una società avanzata e di realizzare tale obiettivo secondo il principio della solida- rietà sociale. Il che significa, appunto, assumere come base fondamentale di fi- nanziamento un sistema fiscale fondato sull’equità, integrata da una contribu- zione sociale, riformata nelle sue basi imponibili, per le prestazioni di natura strettamente previdenziale e, comunque, collegate a specifiche posizioni di red- dito e professionali nella vita di lavoro. Principio universalistico può voler dire oggi  non “tutto a tutti”, ma a me certe prestazioni e certi servizi, il riconosci- mento di una base comune, e poi, una serie di opportune differenziazioni in ba- se a necessità, opportunità, capacità di spesa.

Sono queste le nostre proposte di merito, nel campo della riqualificazione dello Stato sociale. Muoviamo dalla riconferma della universalità delle presta- zioni fondamentali e, quindi, dalla esigenza di innalzarne gli standards quali- tativi a livelli compatibili con le domande dei cittadini. In campo previdenzia- le, dunque, rimaniamo in maniera intransigente difensori del sistema pubblico. Sappiamo bene che proprio dalla riforma arriverà l’incentivazione alla previ- denza integrativa, regolata dalla stessa legge delega. Ma escludiamo in maniera  netta che essa possa svolgere in qualche modo una funzione surrogatrice. Si tratterà, al contrario, di affermare un principio nuovo di solidarietà attraverso un trasferimento di risorse ad un sistema di capitalizzazione di investimenti a medio-lungo termine, riconoscendo ai lavoratori la partecipazione alle scelte di indirizzo degli investimenti. Sarà dunque la frontiera della vera democrazia e- conomica.

 

 

 

 

gennaio 1993