Come uscire dalla crisi
dello Stato sociale
Un nuovo «patto sociale». Il
ruolo dello Stato. Le privatizzazioni
di Antonio Landolfi
Il «patto» sociale realizzato alla fine della
seconda guerra mondiale, che ha
realizzato grazie all’esperienza compiuta dal socialismo demo- cratico,
pieno impiego e sicurezza sociale, è entrato ormai in crisi.
I princìpi fondamentali a cui s’ispirava restano tuttavia ancora
validi. Svilup- po e solidarietà - questi i valori fondanti -
costituiscono ancor oggi le condizio- ni per una ripresa della crescita e
per un completamento dell’opera di civilizza- zione e di affermazione
degli ideali di giustizia sociale, intrapreso dal sociali- smo democratico
e riformista nei decenni trascorsi.
Oggi sviluppo e solidarietà si realizzano insieme nel segno
dell’efficienza.
Senza efficienza e
competitività non c’è possibilità di crescere, si riducono i livelli di
occupazione, le conquiste dello Stato sociale rischiano di annullarsi.
Senza efficienza non è possibile attuare le innovazioni
tecnologiche necessa- rie a sviluppare la qualità, quindi la competitività
nella produzione dei beni e dei servizi.
Senza efficienza il fisco con la sua inefficacia favorisce
l’evasione, e fa grava- re sui lavoratori dipendenti il peso delle spese
della collettività.
Senza efficienza la
Pubblica Amministrazione è un apparato burocratico co- costoso ed incapace
di corrispondere ai bisogni dei cittadini.
Senza efficienza le
istituzioni non funzionano, s’allontanano paurosamente dalla realtà della
società civile, e si mostrano inadeguate ad assolvere le funzio- ni di
rappresentanza e di governo di una moderna democrazia.
Il degrado quantitativo e qualitativo della produzione, la crisi
della sicurezza sociale, l’incapacità di governo che deriva
dall’inefficienza del sistema, hanno come conseguenza una riduzione delle
possibilità competitive del paese nel- l’ambito di un sistema
internazionale sempre più integrato, e nel quale, oltre la concorrenza
delle società industriali tradizionali, entra in campo anche quella di
alcuni nuovi paesi in via di sviluppo.
Per riprendere la via della crescita, sulla base della solidarietà
e dell’efficien- za, occorre dunque che s’avvii la formulazione e la
stipulazione di un nuovo «patto sociale» tra le forze del lavoro e le
forze del mondo imprenditoriale, del- la tecnica, della cultura,
interessate ad un rinnovamento profondo della vita e- conomica e sociale
del paese, e delle sue istituzioni rappresentative e di gover-no.
Un ruolo nuovo in questo quadro va affidato allo Stato, superando
tanto la impostazione liberistico-conservatrice che vuole
anacronisticamente ridurne al minimo le funzioni; quanto la pratica
consociativa-corporativistica, che ha fat- to dello Stato il luogo delle
mediazioni passive fra tutte le pressioni, degli inte- ressi particolari e
dei gruppi economici più forti.
Lo Stato può creare un vantaggio comparato nella competizione
internazio- nale, offrendo la disponibilità di fattori di produzione
essenziali per determina- re i vantaggi dell’innovazione.
Lo Stato, oltre a garantire la solidarietà sociale, può intervenire
indirizzando i programmi di ricerca scientifica di valore strategico,
costruendo le infrastruttu- re e qualificando le risorse umane ai fini
dell’innovazione; promuovendo orien- tamenti collaborativi tra le parti
sociali; assicurando le infrastrutture materiali, specie nel settore
vitale delle telecomunicazioni ed in quello dei trasporti; ope- rando
perché gli investimenti incentivati dall’azione pubblica rispettino un e-
quilibrio territoriale che permetta di attenuare le disuguaglianze tra le
varie zo- ne del paese; introducendo, infine, la compatibilità ecologica
quale vincolo e fi- nalità del sistema.
Un ruolo di tal genere presuppone un rinnovamento radicale delle
strutture e dei comportamenti dei pubblici poteri e della Pubblica
Amministrazione. E comporta parimenti una trasformazione profonda dei modi
di formazione e di attività della stessa classe politica, tanto a livello
rappresentativo quanto a li- vello decisionale. E comporta, infine, anche
un processo di formazione di un sistema di cogestione da parte di tutte le
forze sociali dell’economia, in modo da rendere concreto ed irreversibile,
sia nelle scelte strategiche che in quelle at- tuative, il legame che
dovrà essere indissolubile tra le esigenze di sviluppo e di efficienza, e
le esigenze di solidarietà.
Uno Stato che sia progettuale, cioè capace di dar luogo ad
indirizzi di svilup- po e di equità; uno Stato che non gestisca
direttamente ma sia capace di orien- tare gli investimenti e la produzione
in direzione degli obiettivi della competi- zione e del potenziamento
della ricerca scientifica e dell’innovazione; uno Sta- to che assicuri il
massimo di occupazione e di valorizzazione delle risorse uma- ne: questo
Stato dovrà essere in grado di articolare la sua attività con una serie di
programmi organici e finalizzati ad obiettivi di natura strategica per l’econo-
mia, e di natura prioritaria nel campo della sicurezza sociale, della
fiscalità, del- la cultura e delle istituzioni.
Seguendo una precisa scala di priorità, possono essere indicati i
seguenti pro- getti: un Piano del lavoro; un Piano per l’innovazione e la
qualità; un Piano per la riforma dello Stato sociale; un Piano per
l’equità fiscale; un Piano per la ri- forma istituzionale e della Pubblica
Amministrazione; un Piano per la cultura e l’informazione.
Un’occasione viene offerta dal processo di privatizzazione in atto
di imprese pubbliche. Il modello delle public companies si presenta
in proposito il più adatto alla diffusione dell’azionariato, al
coinvolgimento di un numero crescente di ri- sparmiatori nell’attività di
finanziamento dell’economia, ed, insieme, permette di delineare un sistema
imprenditoriale che superi il sistema asfittico di un go- verno
dell’economia ristretto a pochi gruppi ed a poche famiglie. Il sistema
del- l’azionariato diffuso comporta tuttavia l’adozione di normative che
garantisca- no la trasparenza ed insieme quell’efficienza nella gestione e
nella formazione dei gruppi dirigenti, che hanno lasciato molto a
desiderare nell’esperienza del- l’impresa pubblica negli ultimi decenni.
Tali normative debbono garantire an- che quelle norme di cogestione che
sono già previste ed attuate a livello euro- peo, onde creare le
condizioni di una partecipazione organica e qualificata dei lavoratori
dipendenti delle aziende.
settembre 1993
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