La forza dell'esodo di Enzo Mazzi, Manifestolibri, Roma, 2001

 

 

 

 

 

 

 

Il libro è una inconsueta rivisitazione critica del paradigma dell’Esodo nel cli- ma di transizione esistenziale e storica che stiamo vivendo.
  Paradigma come memoria storica in cui il flusso degli eventi è visto e traman- dato in maniera
«tipica». Il paradigma si ritrova nel significato di un’orma pro- fonda che tramanda e genera senso e spiritualità da molteplici memorie.
  Esodo, oltre la comune accezione che esprime la partenza o l’emigrazione di u- na comunità, può essere inteso anche in altri sensi, come nella sfera dell’inte- riorità. Se la parola esodo implica nell’immediato un significato liberatorio da un’oppressione, bellica, patologica, tragica o abitualmente noiosa, Mazzi guar- da a quel processo di aspettative che si innesca tra dubbi e speranze, da vari punti di vista, spirituali, socio-antropologici e storico-politici.
  L’autore ritiene che sia un impoverimento della vita e una decurtazione dell’e- sistenza umana lasciare la gestione dei paradigmi di senso e degli stessi testi sa- cri alle sole religioni istituite, che hanno una importante funzione di servizio e sostegno ma non di esclusività per la ricerca umana di senso. L’accettazione re- missiva del monopolio religioso sulla Bibbia, ad esempio, genera una grave ca- renza culturale. Si può avvicinare la Bibbia privilegiando l’esegesi storica senza i vincoli della gerarchie ecclesiastiche e del dogmatismo confessionale e senza dover chiedere il permesso a nessun potere stabilito ma per il semplice fatto di essere individui in ricerca.
  In una prima parte storico-esegetica, rigorosa ma alla portata di tutti, il para- digma viene storicizzato per liberarlo dalla
«mummificazione atemporale sacra- le» alla ricerca di maggiore obiettività e con distacco laico, attenuando i vincoli ideologici, moralistici e confessionali. Nei successivi capitoli il libro sviluppa u- na ricerca di attualizzazione su quattro componenti essenziali del paradigma dell’esodo: la liberazione nell’attuale disincanto e oblio, Mosè e il tema del ca- po, il deserto e il tema della costruzione della identità comunitaria, l’evento del Sinai e il tema del mistero e del sacro in un orizzonte di laicità oltre i confessio- nalismi religiosi.
  Mazzi considera la sua una riflessione autonoma ad alta voce nella fedeltà alla esperienza, che ormai da  molti anni sta vivendo,
« della strada e della piazza, oltre i confini, i ruoli stabiliti, le mura di cinta, le appartenenze, attraverso una costante socializzazione comunitaria e perciò non specialistica, problematica e plurale». Il libro testimonia anche questa storica esperienza alternativa.

 

 

 

 

 

luglio 2001

 

 

 

 

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  da E. Mazzi, La forza dell'esodo, Ed. Manifestolibri, Roma, 2001





    Premessa: chi ha potere sulla memoria e sulla sua forza generativa?

  Viviamo un’epoca di transizione forse senza precedenti per la complessità e so- prattutto per la velocità delle trasformazioni. Ci angoscia il cambiamento ma più an- cora il non riuscire a trovare un bandolo. E’ un parto, sentiamo la spinta prepotente a uscire verso orizzonti nuovi, ma dov’è la luce? O forse è troppo accecante la luce che tutto invade e tutto uniforma e ferisce il nostro sguardo di neonati facendoci ciechi, impedendoci di distinguere i
«segni dei tempi», i lucignoli fumiganti, le tracce incerte capaci di dare senso ai nuovi cammini?
  E’ in questo clima di transizione esistenziale e storica che mi sono trovato a rivisi- tare il paradigma dell’Esodo. Paradigma come memoria storica in cui il flusso degli eventi è visto e tramandato in maniera tipica. Paradigma nel significato di orma pro- fonda dotata di senso, rintracciabile in tante altre memorie e possibile forza genera- trice di senso e di spiritualità per noi oggi.
  La parola esodo è ormai di uso comune. Richiama l’uscire in massa ma può con- tenere anche altri sensi, legati ad esempio alla interiorità. Quando si dice esodo si intende non di rado una uscita liberatoria da qualcosa che opprime, come ad esem- pio l’esodo dei profughi dalla guerra o degli emigranti dagli inferni del mondo o più prosaicamente l’esodo festivo dalla quotidianità soffocante delle città. S’intende an- che un percorso nuovo che si apre, un viaggio pieno di attese e di incognite, un o- rizzonte oltre i confini.
  Gli elementi fondamentali che costituiscono il paradigma dell’Esodo mi sembra di poterli così definire: uscita e liberazione; deserto come vuoto di possesso-identità-sicurezze e viaggio in una identità basata sulle relazioni; orientamento verso l’inedito e incontro con ciò che non è nominato e non è nominabile. Tali elementi si ritrovano nell’evento biblico dell’esodo del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto verso la terra promessa. E forse è proprio dalla Bibbia che il paradigma dell’Esodo riceve per noi occidentali la sua forza. Ma non è in realtà un paradigma solo biblico e for- se la Bibbia stessa lo ha desunto da uno stigma iscritto nel più profondo della esi- stenza cosmica e umana.

 
E’ iscritto nella genesi dell’attuale nostro universo se è vero che l’uscita e la libe- razione delle potenzialità della materia dalla concentrazione assoluta e onnicom- prensiva dell’atomo cosmico primordiale è stato l’evento iniziale, il big-bang, da cui è nata l’avventura dell’universo.
  E’ legato alla forza intima con cui il feto si libera e viene liberato dall’abbraccio dell’utero caldo e onniprotettivo, dove però, come nel paradiso terrestre, è  negato l’accesso all’albero della conoscenza. L’impulso di liberazione che si sprigiona in questo esodo umano primordiale, cioè nel parto, anziché spegnersi regola poi tutte le fasi di trasformazione e di passaggio di cui si compone la vita fino alla trasforma- zione culminante che chiamiamo morte.
  L’esodo ha inoltre a che fare con ogni evento e con ogni percorso di liberazione e con molte creazioni storiche di identità collettive. E’declinato in modi diversi in tut- te le culture e non è patrimonio esclusivo della Bibbia, sebbene per molti di noi e per l’intera civiltà ebraico-cristiana l’esodo biblico, rivissuto nell’esodo di Gesù, cioè nel suo «passaggio dalla morte alla vita», sia stato e sia uno degli eventi fon- danti della identità culturale e religiosa.
  Se la sua attualità dunque è in qualche modo scontata, non è scontato invece il senso che a tale paradigma può esser dato oggi: dipende infatti dai soggetti che lo gestiscono. Ad esempio, un conto è se di Esodo ne parla chi ha potere un conto se tentano di riappropriarsi di un tale paradigma dal basso i senza potere.
  Chi ha potere sulla memoria capace di generare il senso della esistenza?
  Ritengo che sia un impoverimento della vita e una decurtazione dell’esistenza u- mana lasciare la gestione dei paradigmi di senso, dell’etica, dell’utopia, dei valori, della spiritualità alle sole religioni istituite. E’ un impoverimento e forse una degene- razione delle stesse religioni istituite la pretesa che esse talvolta hanno di possedere in esclusiva la verità ultima su Dio, sulla natura e sull’uomo. Le religioni infatti sono quasi sempre originate da esperienze storiche che hanno rivoluzionato il sistema consolidato di valori, eliminando il potere assoluto delle caste e restituendo il potere sull’etica e su Dio stesso all’uomo e alla donna. Questo rivoluzionamento è partico- larmente evidente nella esperienza storica da cui è nato il Pentateuco, cioè i primi cinque libri della Bibbia che raccontano l’origine e l’esodo del popolo ebreo, e in quella da cui è scaturito il Vangelo.
  Quando si dice Bibbia la cultura laica subito si ritrae in nome di un concetto di lai- cità che ritengo superato. Non sono il solo a sentire il bisogno di un esodo da una laicità gretta che consegna una miniera di memoria storica e di letteratura come la Bibbia alla gestione esclusiva dei poteri delle varie religioni. Il
«laico» ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro in una intervista al periodico Famiglia cristia- na del settembre 2000 si rammarica che la Bibbia sia relegata nelle ore di insegna- mento della religione cattolica e insegnata solo come libro sacro per la fede confes- sionale. Egli auspica che la Bibbia entri nella didattica come testo fondamentale alla pari dell’Odissea o della Divina commedia. L’accettazione remissiva del mono- polio ecclesiastico sulla Bibbia genera infatti una grave carenza culturale. Si può avvicinare la Bibbia privilegiando l’esegesi storica senza dipendenze dall’autorità religiosa e dal dogmatismo confessionale.
  Le tribù del nomadismo povero del deserto arabico che sono protagoniste dell’E- sodo biblico e le comunità formatesi intorno al nomadismo di Gesù che sono prota- goniste del Vangelo non hanno nessun potere su Dio e sull’etica: sono semplice- mente sradicate. Il potere se lo conquistano sottraendolo alle caste e la loro rivolu- zione ha un significato universale. Il potere su Dio e sull’etica insomma lo conqui- stano per tutti in ogni tempo. E noi oggi possiamo riappropriarci dal basso di para- digmi generatori di senso come l’Esodo senza dover chiedere il permesso a nessun potere stabilito ma per il semplice fatto di essere donne e uomini in ricerca.
  Ho inteso evitare la lezione specialistica, teologica o filosofica, sia perché non ne avrei adeguati strumenti sia soprattutto perché ho voluto riflettere ad alta voce re- stando fedele alla esperienza che sto vivendo della strada e della piazza, oltre i con- fini, i ruoli stabiliti, le mura di cinta, le appartenenze, attraverso una costante socia- lizzazione comunitaria e perciò non specialistica, problematica e plurale. Anche i ri- ferimenti culturali, le citazioni, sono per lo più orientati verso persone o realtà sociali che hanno coniugato la loro riflessione intellettuale con la testimonianza di vita. Ho utilizzato anche spunti desunti da mie precedenti pubblicazioni.

  Ho ritenuto necessaria una prima parte storico-esegetica, richiamata e precisata poi nei singoli capitoli successivi, per storicizzare il paradigma, liberarlo dalla mum- mificazione atemporale-sacrale, vederlo in una luce quanto più possibile obbiettiva e positivamente laica, meno ideologica, meno moralistica e non confessionale. Nei successivi capitoli sviluppo una ricerca di attualizzazione su quattro componenti es- senziali dell’esodo biblico: la liberazione, Mosè, il deserto, l’evento del Sinai, che pongo a confronto in modo problematico con momenti della realtà attuale.
  L’esodo biblico è narrato fondamentalmente in quattro libri della Bibbia che si in- titolano: Esodo, Numeri, Levitico, Deuteronomio. Insieme al libro della Genesi, che li precede e che racconta la creazione e la storia dei patriarchi a cominciare da Abramo, quei quattro libri formano un complesso letterario che si chiama Pentateu- co, che vuol dire proprio
«cinque libri». E’ la parte più antica e fondamentale della Bibbia.



  dal cap. 2   La liberazione


   L’esperienza di esodo dell’Isolotto.


  L’Isolotto ha una storia, una briciola di storia, da raccontare in proposito e degli interrogativi da porre. La racconto perché ritengo che nessuna eco per quanto te- nue del grido di riscatto storico del sangue di Abele debba andare persa.
  «Uno stesso filo lega inscindibilmente le stazioni della interminabile via crucis di stragi senza autori »  è scritto in una pubblicazione della Comunità dell’Isolotto, Ol- tre i confini, edito dalla LEF nel 1995. La magistratura italiana si mostra impoten- te di fronte alla criminalità stragista perché solo ora incomincia a seguire la pista dell’intreccio infame. Se l’avesse seguita fino dal 1969, non sarebbe ancora a bran- colare nel buio esoprattutto sarebbe stata contenuta l’ondata di violenza e di corru- zione che ha investito il paese negli anni '70-'80. Invece, nel 1968-69, la magistra- tura era tutta dedita a perseguire, con gli strumenti repressivi dello stato, gli stessi obbiettivi che l’intreccio criminale raggiungeva con le stragi: reprimere e bloccare il movimento studentesco e operaio. Il processo alla Comunità dell’Isolotto è  emble- matico e forse inaugura la stagione dell’uso depistante e repressivo dei processi che pioveranno a decine di migliaia sul movimento del '68-'69.
  La notte del 29 dicembre 1968, alle porte della chiesa dell’Isolotto, nella quale al mattino dovrà esser celebrata la prima Messa dell’inviato del vescovo, dopo la ri- mozione del parroco, viene affisso un volantino che porta una firma inedita e inquie- tante:
«Le squadre d’azione fiorentine»: una sigla di comodo dietro la quale si cela la rete di organizzazioni neo-fasciste ritenuta ormai da molti, anche da alti livelli isti- tuzionali, come la esecutrice materiale delle stragi.

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