Canova e
l'incisione
di Gian Lorenzo Mellini
P.Vitali da Canova, Trasteverina, (inc. a tecnica
mista)
Apro la TV per caso una mattina
di gennaio (1), canale Uno Rai, e mi trovo ad assistere, incredulo ma
anche divertito, a un (cattivo) servizio sulla mostra delle stampe
d’après i marmi e le pitture del Canova. Scorre qualche immagine
anonima delle salette della Calcografia Nazionale di Roma, dove
l’esposizione è stata allestita in un primo momento, seguita da alcune
zoomate che dilatano particolari fin quasi al grottesco, tanto da farli
somigliare a quei capolavori del cattivo gusto che sono certe opere dei
cosiddetti citazionisti. I commenti non vanno oltre
l’osservazione che lo scultore controllasse atten- tamente le
riproduzioni, eseguite talvolta da punti di vista plurimi da lui mede-
simo prefissati, ciò che è ovvio; ma anche, quasi di conseguenza, che
coteste venissero a far parte del processo creativo delle opere, ciò
che non sussiste né ha senso alcuno. Il problema primario del Canova
era invece di tipo molto mo- derno: quello cioè della pubblicità, e del
connesso business. Si soggiungeva, i- noltre, come cosa di qualche
rilievo che sue statue ignude furono castigate nel- le riproduzioni
grafiche e interi pacchi col gruppo di Marte e Venere bruciati co-
me sconvenienti. Vero: ma questo è solo documento della meschinità dei
cen- sori (con papa Leone XII alla testa) e dei loro bassi tempi. Una
signora con l’a- ria annoiata, e un po’ trasandata (stile vecchia
sinistra) sentenzia inoltre; con sufficienza, davanti a un coretto di
giovani che Canova fu subito dimenticato, perché in età romantica non ebbe
fortuna e ricorda, male, come di qualche im- portanza l’infelicissima
battuta di Longhi e vi pone a debole contrasto quell’al- tra di Argan (ma
non certo di lui solo) che il Canova sarebbe l’ultimo artista italiano di
fama europea. E niente più; quasi fosse ancora aperta la
disputa. Non avevo mai udito tanto pressapochismo e tante
inesattezze in pochi atti-mi, ma non è che la mostra di Roma e il suo
catalogo, nonostante le apparenze scientifche, fossero granché meglio. Di
quest’ultimo, non scarso di errori, ca- rente già sul piano strumentale a
cominciare dalla bibliografia, e modesto assai in quanto accozzaglia
di scritti per la massima parte frettolosi e di principianti, dirò in
altra sede più propria. Compresa la denuncia che l’unico documento ori-
ginale di grande importanza qui (male) riprodotta è l’inventario della
calcogra- fia canoviana, già presentato però dal sottoscritto e illustrato
anni avanti in un convegno, ma ora spacciatamente scippato come res
nullius. Per tornare al modo barbaro di presentare un
artista di livello assai alto ma ancora insueto alle masse –
pur tra le chiacchere fin troppo becere cui la tele- visione di Stato e no
ha addormentato i suoi utenti specie nel campo delle arti – basterà solo
chiarire il fatto che Longhi – come è noto – di Canova nulla a- veva
capito né voleva capire, mentre pure l’Argan, che tutto ostentava capire,
quasi nulla ne ha inteso. A cominciare dal neoplatonismo canoviano per
arriva- re alle strepitose invenzioni iconologiche dal fortissimo
– ma anche totalmen- te immaginario – rapporto con l’antico
compreso il dato religioso, cioè il non meno profondo senso del sacro;
alla sofisticatissima tecnica del marmo, che porta a privilegiare
l’espressività della luce ecc. ecc.: tutte cose fascinanti già al solo
nominarle. Un modo invece tanto arretrato di presentare uno
scultore così moderno e per certi versi ancora misterioso e da disvelare,
infiorandolo di notizie arbitrarie o secondarie, regalandogli una quasi
immediata sfortuna quale certo egli non co- nobbe (basti pensare al
Foscolo, al Leopardi, al Giordani) e soprattutto tacen- do che essa
casomai riguarda l’intero blocco storico cui egli appartenne (anzi
contribuì a formare) cioè il Neoclassico, sa di scarsa professionalità e
di qua- lunquismo. Povero Canova, appena riscoperto e già oggetto di
incomprensione più dura che in passato, e dopo l’abbuffata di alcune
mostre pseudocelebrative, destinato a finire di nuovo nella spazzatura dei
media e non a rivivere nel cervello o nel cuore della
gente.
dicembre1993
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N.d.r.
1. Questo articolo, consegnato dall’autore nel
gennaio del 1994, è stato inserito nell’ultimo
numero del 1993 al momento in corso di
pubblicazione.
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