Comunità dell’Isolotto

Incontro sul volontariato

di Sergio Prati

 

Il volontariato nelle sue molteplici forme associative è sentito da molti come una risposta a un debito morale contratto nei confronti dei tanti esclusi dalla felicità materiale che il nostro tempo ha rag- giunto ma non ha saputo distribuire secondo giustizia.

Tale scelta operativa di tipo ideale, in via di diffondersi, ci rende un po’ meno pessimisti sulla cattiveria di un secolo, come il nostro, che sa esprimere tali e tanti esempi contrari di altruismo e generosità.

Ma a promuovere una così alta esigenza di partire per una guerra finalmente giusta contro i nemici autentici dell’uomo, la malattia, la povertà, la fame, ba- stano da soli quei fondamenti naturali che danno a tutti gli uomini una comune dignità etica senza distinzione di fede o di colore? La bontà naturale degl’inten- ti che cosa può fare abbandonata a se stessa? Chi vuole impegnarsi nel volonta- riato, questa forma di servizio civile ormai esteso a tutte le età e condizioni, non ignora che spesso la sua azione meritoria può realizzarsi solo appoggiando- si a istituzioni e organizzazioni contrassegnate da un titolo e da un simbolo che rappresentano una garanzia. Purtroppo ne consegue che l’opera dei singoli, che isolatamente non possono nulla, si realizza in nome (o in gloria) di una reli- gione, di un partito, di un movimento a cui l’operare generoso dei suoi fedeli o dei suoi iscritti guadagna anime o voti.

Ciò pone la quistione: esiste un volontariato puro? Certo il dato qualificante del volontariato più idealistico è la gratuità e la mancanza di un secondo fine proselitistico. Ma anche questo è un giudizio che non accoglie unanimità di consenso. In talune nazioni, vedi nell’Europa del nord, il volontariato rientra nei compiti assistenziali che spettano allo stato e non ad istituzioni private tra- dizionalmente caritatevoli. Il volontario non è altro che il dipendente di un mi- nistero che svolge ad orario un lavoro remunerato. La coscienziosità e scrupo- losità nell’esecuzione di un ufficio subentrano nell’ardore e all’eroismo, senti- menti a prevalenza latina, ma anche al possibile inquinamento personalistico, allo zelo ambizioso, al protagonismo, alla possibilità di doppioni. Il volontaria- to e la sua offerta di mano d’opera gratuita diventano, visti in questa ottica, u- na supplenza determinata dalla carenza dell’azione governativa. Sono merite- voli ma non si pongono il fine di contestare l’inefficienza pubblica, non incal- zano le società in vista di una trasformazione radicale, anzi, per certi versi in- coraggiano il permanere al centro di un vuoto colpevole.

È questo l’argomento di cui abbiamo parlato con un gruppo di amici danesi nel corso di un incontro avvenuto nella Comunità dell’Isolotto. Ci siamo accor- ti che si tratta di un tema in cui c’è molto da chiarire e da dibattere sulla base di una scambievole informazione.