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Un nuovo arrivato in libreria

 

Il libro da ascoltare

 

di Michel Tournier

 

 

 

Bruno Munari: Libro illegibile N.Y.1

1949, Milano, propriet? dell'autore

 

 


   Mi ascoltano. Mi ascoltano accoccolati sui talloni, drappeggiati nei loro «boubou?/i> (1), con gli occhi ridenti e la bocca semiaperta sui denti bianchi, i ragazzi senegalesi, gabonesi, togolesi, beninesi.
  «C’era una volta una regina, un califfo d’Isfahan, un piccolo pe-catore di Douarnenez, un orco acquattato nella foresta profonda...? Faccio da narratore. Mi considero come uno stregone, come Sheherazade. Attingo a piene mani in tutti i folclori, aggiungendo di pieno diritto il mio succo, la mia voce, i miei zuccheri ed acidi, le mie carezze e botte. Ieri a Madras, domani ad Abou Dhali. Se potessi, non ?la parola romanzo che scriverei sulla copertina dei miei libri, sarebbe racconto. Ma chi mi capirebbe?
   In questi viaggi mi ?giunta la strana proposta: registrare integralmente il mio ultimo romanzo La Goccia d’Oro e distribuirlo in cassette. Avevo gi?registra- tato io stesso brani da Venerd?e una serie di piccoli racconti. Ma questa volta si trattava di un grande romanzo e senza saltarne una riga.
   Mi ricordo il mio primo mestiere: regista di programmi culturali e letterari della Radiodiffusion Nationale quarant’anni fa. Facevo leggere da attori ed io stesso leggevo al microfono Bossuet, Rousseau, Stendhal, Valéry. Esercizio difficilissimo ma tanto gratificante e istruttivo! Non stavo semplicemente per riallacciarmi con i lavori giovanili?
   Dopo matura riflessione, ho rinunciato. La Goccia d’Oro ?stata letta e regi- strata da François Chaumette, voce eccellentissima e intelligenza senza difetti. Non ero nemmeno nello studio per assisterlo in ci?che fu certamente il pi?lungo «tunnel?della sua carriera. Mi ero ricordato tutt’a un tratto certi incidenti avvenuti mentre leggevo Venerd?/i> ed i miei racconti.
   Trattandosi di Bossuet, Rousseau, ecc., mi sentivo obbligato ad un rispetto scrupoloso di quelle pagine venerabili. Ma visto che il testo era mio, non avevo libert?di correggerlo durante la lettura? Cos?feci. E subito il regista che segui- va sul suo libro faceva interrompere la registrazione. Pensava che fosse un er- rore, un lapsus, mentre si trattava di una sorta di ricreazione dal vivo. L’equi- voco mostrava bene il difetto dell’impresa. Di fronte ai miei ai piccoli negri, raccolgo nella mente tutta la storia che voglio narrare loro. E come se fosse in- cantata da tutte queste facce tese verso di me, essa si svolge episodio per epi- sodio. Poich?il mio uditorio ?vergine la storia ?nuova, e d’altronde l’interpre- tazione che ne d?non assomiglia a nessun’altra e non sar?mai riprodotta.
   Il mio racconto possiede la freschezza incomparabile di una creazione effime- ra. E?questa freschezza che ricercavo proprio invano introducendo delle «infe- deltà» nel testo irrigidito e raggelato che leggevo a voce alta. In realt? l’eserci- zio era molto diverso, e volerlo ignorare era un errore. Sarei il tipo da racconta- re da cima a fondo La Goccia d’Oro, come me ne ricordo oggi e con tutte le ag- giunte che mi verrebbero spontaneamente in mente. Ma rileggere un testo usci- to da mesi, no.
   A quale pubblico si rivolge il libro da ascoltare? Per primo evidentemente si pensa ai ciechi. Tre anni fa, ho conosciuto la gioia pi?bella e profonda che il mio mestiere mi abbia mai dato. Era la vigilia di Natale nell’Istituto Nazionale dei Giovani Ciechi. Centotrenta ragazzi ciechi mi circondavano mentre distri- buivo loro le prime copie di Venerd?in braile. Allora ho potuto costatare che questo piccolo libro formava in braile l’equivalente di due elenchi telefonici e, in questa occasione, ho anche imparato che i migliori lettori di braile leggevano due volte meno velocemente dei lettori vedenti. Quindi il libro da ascoltare co- stituisce per loro un progresso molto apprezzabile.
   Si pensi anche all’automobile. Se ascoltiamo la radio o una cassetta di musi-ca mentre guidiamo, perch?l’audizione di un romanzo di Balzac o di Simenon  non ci accompagnerebbe tra Parigi e Lione, o meglio, in mezzo ad un ingorgo?
   Ma c’è un pubblico pi?interessante e un po?nascosto al quale, del resto, Raymond Jean ha pensato nel suo meraviglioso piccolo romanzo La Lectrice (Actes Sud ed.).
   Noi, lettori inveterati, fiancheggiamo tutti i giorni uomini e donne colti, in-telligenti, cosmopoliti, ecc., che non confessano volentieri una repulsione  qua-

si fisica per il libro. Bisogna penetrare un po?nella loro intimit?perch?l’assen-za del libro finisca per colpirci. Le statistiche indicano che il 50% dei francesi muore senza aver letto un solo libro. Non sono tutti dei rozzi analfabeti o dei ritardati mentali.
   I dislessici hanno quasi sempre un quoziente intellettivo perfettamente nor- male. Semplicemente la lettura non ?affar loro. Si pu? anche essere completa- mente sordo alla musica o cieco alla pittura.
   La comparsa del libro da ascoltare non costituisce per niente un ritorno alla tradizione orale. Il libro ?sempre qui, massiccio, immutabile, eterno, e la paro- la non ?altro che la sua piccola serva, ancilla domini. Ma eccolo per?metamor- fosato in una nuova sfera, pi? leggera, pi?viva, pi?accessibile. Non si pu?che rallegrarsene.
 

 


(traduzione di Denise Visentin)

 

giugno 1993
 

 

 

 

 

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Note


1. Lunga tunica usata in Africa (N.d.t.)