E.D.: Storia delle relazioni internazionali 1918-1999 di Ennio Di Nolfo,      Ed. Laterza, Bari, 2000, pp. 1466.

 

 

 

 

 

  Il volume ricostruisce la storia delle relazioni internazionali dal primo dopo- guerra ai giorni nostri. La disponibilità di fonti nuove (provenienti soprattutto dagli archivi dell’URSS e da quelli dei paesi dell’Est) e la letteratura alla quale tali documenti hanno già dato origine consentono di rivisitare  in modo nuovo tutto l’arco di tempo trattato e specialmente gli anni successivi al 1945. Ciò rende possibili nuove interpretazioni o nuove letture di molti momenti parti- colari prima studiati quasi solo sulle fonti occidentali. In termini generali si po- ne il problema della suddivisione del secolo in fasi diversamente caratterizzate. Se la cesura 1939-45 non viene ovviamente rimessa in discussione, le nuove fonti, le nuove discussioni e uno sforzo interpretativo originale consentono i- potesi originali in relazione all’interpretazione, alla durata e alla fine della guer- ra fredda.
    La proposta più innovativa riguarda la possibilità di riconsiderare anche dal punto di vista storiografico la cesura segnata dagli anni 1971-1973 come lo spartiacque del periodo postbellico. Questo riesame si basa su tre profili inter- pretativi:

 1. Dopo la sconfitta nel Viet Nam, cioè dopo il ritiro di tutte le forze america- ne dalla penisola e con la «vietnamizzazione» della guerra, Nixon e i suoi colla- boratori (primo fra tutti Kissinger) percepirono perfettamente la portata della potenza americana ma, al tempo stesso, la necessità di seguire un’azione politi- ca di «basso profilo», come disse Nixon in un suo famoso discorso, perciò l’im- possibilità di fare un uso prevalentemente militare di quella forza, tale da im- porre il sacrificio di molte vite umane per conseguire un obiettivo troppo remo- to.
    Gli Stati Uniti erano in grado di esercitare una «dominanza economica» che doveva trovare il modo per esprimersi politicamente anziché militarmente in modo da circoscrivere i rischi e i costi della presenza globale e da salvaguardare l’economia americana stessa.
    Nacquero da tale analisi sia la decisione di abolire la convertibilità del dolla- ro in oro (stabilita nel 1944 sulla base di un rapporto fisso di 35 dollari per on- cia di oro) sia la decisione di avviare la politica di distensione con l’URSS e, a partire dal 1971, con la Cina comunista. In tale ambito la distensione appare non come un obiettivo primario della politica estera americana ma come un mezzo per raggiungere un obiettivo globale assai più complesso.


 2. La crisi energetica, provocata dalla guerra dello Yom Kippur, segnò il mo- mento della riconquista americana delle posizioni di controllo del Medio O- riente, il declino dell’influenza sovietica e l’inizio della crisi economica europea correlata all’aumento dei prezzi del petrolio.

   La Comunità europea entrava in una fase di transizione con il recente in- gresso della Gran Bretagna e i problemi di riaggiustamento che esso imponeva ma, soprattutto, doveva affrontare l’ondata inflazionistica e la recessione eco- nomica provocate dall’incremento dei prezzi del petrolio. Un incremento che, fra l’altro, si riversava negli Stati Uniti nella forma di investimenti in petrodol- lari così da restituire all’economia americana dinamismo, liquidità e centralità monetaria.

  Parallelamente, al fine di fronteggiare la crisi energetica soprattutto nell’am- bito del sistema sovietico, l’URSS avviava una politica di supersfruttamento delle risorse petrolifere orientando in tale direzione capitali e sottraendoli di conseguenza a investimenti produttivi. Il costo dello sfruttamento di pozzi «marginali» imponeva al «capitale» sovietico una torsione rispetto alla distri-buzione ottimale, e da ciò ebbe origine prima il declino della produttività, poi quello della produzione e poi la crisi dell’intero sistema economico sovietico.

 3. La risoluta politica di investimenti nel settore tecnologico, impostata da Kennedy, frenata dalla guerra del Viet Nam ma resa clamorosamente manifesta dallo sbarco degli astronauti americani sulla luna (agosto 1969), e poi vissuta come intenso sforzo di trasformazione del sistema produttivo statunitense gra- zie agli investimenti nella tecnologia e nel capitale umano, sino alle proposte avveniristiche di creazione di un sistema di «difese stellari» (lo SDI) e sino alla supremazia tecnologica attuale.
     Da quel momento in poi l’economia americana, superati brevi periodi di re- cessione, continuava nella sua ascesa sino ai livelli attuali.
    Così l’arco di tempo dal 1971 al 1973 segnò la svolta verso l’egemonia a- mericana. Poi, gli anni dal 1989 in avanti resero manifeste le esitazioni ameri- cane a far valere in modo militare (eredità del Viet Nam) la loro egemonia e la propensione a esercitarla piuttosto sul piano dell’economia, del commercio e della finanza.
    Più in particolare, interpretazioni nuove riguardano, per citare solo alcuni de- gli innumerevoli temi trattati ex novo, le origini del piano Marshall e del Co- minform (pp.699-707); il senso della questione tedesca e del colpo di stato a Praga nelle origini del Patto atlantico (pp.739-744); l’interpretazione della cri- si di successione a Stalin in relazione alla rivolta di Berlino nel 1953 (pp.826-836); il reale andamento della crisi di Cuba nel 1962 (pp.1062-1077); la portata della crisi cecoslovacca del 1968 (pp.1147-1153); l’occupazione dell’Afghani- stan nel 1979 (pp.1241-1248); le vere motivazioni del colpo di stato di Jaruzel- ski nel 1981 (pp.l278-l280).
    Le ultime pagine del volume propongono una sintesi delle tematiche che ri- considera in blocco il passato e traccia una prospettiva per il futuro.
  

 

 

 

aprile 2000