Luciano Zannotti: Giordano Bruno. Attualità di un'eresia,  di Enzo Mazzi, Manifestolibri, Roma, 2000

 

 

 

 

 

 Sarebbe falso ma soprattutto mi riuscirebbe proprio impossibile prendere le distanze per recensire il libro scritto da Enzo Mazzi, Giordano Bruno. Attualità di uneresia, Manifestolibri, Roma 2000.
   Devo dire anzi che di questo libro anch’io mi sento autore pure se ho potuto conoscerne solo il risultato finale. La vita di Enzo, da decenni ormai, si intrec- cia troppo profondamente con la mia per tentare di formulare un giudizio più obiettivo. Nella ineliminabile differenza di ogni soggettività sono convinto che le nostre intelligenze si penetrino a vicenda sino a trovare un punto di fusione. Nell’esperienza della Comunità dell’Isolotto tutte le intelligenze quasi per ma- gia si fondono e il mio e il tuo non si distinguono più. Abbiamo tutti un debito ideale l’uno con l’altro, siamo tutti riconoscenti di un dono reciproco. (Come dovrebbe essere sempre se non vivessimo in una società dove la competizione è la regola e dove ciò che ognuno produce è considerato merce di scambio).
   Mi riconosco nel proposito di Enzo Mazzi di recuperare la memoria di certi fatti storici un po’ emarginati e di restituirli alle domande del presente. Mi rico- nosco nel metodo critico della ricerca. Perché ogni riflessione va compiuta a piedi scalzi, con umiltà. Non esiste giudizio definitivo ed inappellabile. La sto- ria siamo noi. La storia non è mai disincarnata, avverte Enzo fin dall’inizio. Ri- cordare è un atto dell’uomo, che coinvolge la sua conoscenza, la sua consape- volezza e la sua partecipazione. Non c’è memoria senza un soggetto che — con tutti i suoi limiti — insieme richiami il passato, lo confronti con il presente e lo trasmetta alle generazioni da venire.
   Per realizzare un futuro più umano non basta guardare solo in avanti. Come non è sufficiente riscoprire il passato allo stesso modo che con certi oggetti na- scosti in una vecchia soffitta. Non è ritrovamento puro e semplice, è il senso della complessità che bisogna recuperare, di tutta la storia umana. La storia è in effetti per lo più tramandata come separazione di un evento dall’altro, come cronologia di fatti separati, storia delle vicende umane divisa in sezioni, il dirit- to dall’arte, il pensiero filosofico dalla poesia, la scienza dalla religione, la sepa- razione del passato dal presente. Serve poco, come fa la Chiesa ufficiale pro- prio in questi giorni, chiedere le scuse per le colpe storiche di ieri isolandole da quelle di oggi. Non voglio dire che si può rimanere insensibili di fronte all’im- magine di un papa vecchio e tremante che chiede perdono. Ma anche cosi il ro- go di Giordano Bruno rappresenta tutt’al più la pagina tragica di un manuale di storia, richiama magari alla mente un’immagine cruda del film di Montaldo, continua irrimediabilmente ad appartenere sempre a qualcosa che ci sembra di- stante. Io credo che la radice della sopraffazione risieda nella convinzione di custodire valori morali naturali e validi per tutti, di decidere dall’alto quali a- zioni si possono o non si possono fare, nella volontà di evangelizzare un mon- do plurale e costringerlo all’obbedienza. La violenza si annida anche nella sa- cralità che non sopporta di essere interrogata.

       

 

 marzo 2000