Lisa Rizzoli:
Riflessi d'invisibile di Stefano Ridolfi, Florence Art
Edizioni, 2004 |
S.Ridolfi: vitevissute
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L’esperienza, del tutto particolare in
Stefano Ridolfi, di contaminazione tra linguaggio visivo (fotografie in
parte rielaborate al computer) e linguaggio poe- tico indica un percorso
sperimentale che combina diversi aspetti dell’operare con l’esigenza
espressiva.
Le foto-poesie di Ridolfi, ora raccolte sotto il titolo Riflessi
d’invisibile, sono la realizzazione di un procedimento artistico che
muove da materiali e mezzi di diversa natura e li armonizza fra loro
rimanendo aderente ad un’idea di fondo che, nondimeno, lascia spazio alla
creatività emozionale, all’intensità di ogni singolo momento. L’impegno a
dar vita e valore ad un motivo ispiratore si co- niuga con il rispetto per
la sostanza, forgiata con delicatezza e con amore.
I pensieri, le suggestioni, gli stati d’animo che occupano lo spazio
delle poesie prendono campo nelle immagini fotografiche e queste si
arricchiscono e si completano nella contiguità con la voce che le narra,
inserendosi in un circuito semantico di echi e di rimandi reciproci.
Nel loro insieme le composizioni sono
sorrette da un intendimento: cogliere e rappresentare la realtà così come
l’occhio dell’autore e la sua sensibilità si tro- vano a percepirla volta
per volta, a partire dall’impulso di un paesaggio natura- le o urbano, da
un momento di vita quotidiana o dalla riflessione sulle cose e sui
sentimenti. Il mondo, se considerato realisticamente come ciò che può es-
sere comunemente percepito, sembra non essere sufficiente di per sé.
Nell’elaborazione che l’esperienza soggettiva qui ci palesa, non c’è
comunque volontà di snaturamento, semmai un desiderio di potenziamento del
senso nella direzione del metafisico e verso una visione cosmica
dell’esistenza. I ter- mini del rapporto si intrecciano in un luogo dove
le alterità del vivente si con- notano nel legame fortemente coeso che
tiene il molteplice correlato con il tutto, terreno e ultraterreno.
L’aderenza alle sensazioni e alle emozioni è ripro- dotta attraverso i due
mezzi espressivi chiamati in causa, badando a non con- cedere troppo al
descrittivo e al didascalico.
L’immagine ha la funzione di catturare l’attenzione e di imprimere una
sugge- stione che accompagna la lettura del testo. Il testo arricchisce
ulteriormente l’immagine e così via in un moto di rimandi speculari. La
luce è un elemento che fa scaturire dalla memoria inconscia la percezione
di aspetti invisibili dell’esistente che emergono come intuizioni,
visioni, atmosfere oniriche o co- me segni di quei legami profondi che
tracciano i percorsi, in gran parte miste- riosi, fra micro e macrocosmo.
Nelle pagine si avverte una sorta di richiamo a una riconsiderazione del
si- gnificato che può assumere per l’individuo l’arte, e la poesia in
particolare, al- l’inizio di un nuovo secolo.
La tentazione che Ridolfi asseconda soprattutto nella prima parte del
libro è quella che ha condizionato gran parte della nostra letteratura
novecentesca: ce- dere al fascino di un intimismo doloroso a cui si può
opporre solo l’atteggia- mento nichilista. La riduzione o addirittura
l’azzeramento della possibilità di un pensiero positivo può indurre il
rischio di una autogenerazione del nulla che spinto al limite estremo
riproduce se stesso:
“E da là scorgere solo / l’orrendo vuoto celato / da mere
illusioni,/ da stupidi sogni che diradandosi / svelano l’oscura essenza
del nulla.”
Unica difesa la speranza che apre un varco nell’area semantica dell’alienazio-
ne; speranza che è inizialmente legata alla nostalgia, al sogno o al
vagheggia- mento della luce degli spazi siderali:
“Rare file di fotoni / s’intrecciano danzando / in nodi di luce
migranti / a formare legami indissolubili/ che il tempo, da solo,/ mai
potrà districare”.
Dalle poesie Preghiera, Cambiamento, Risveglio, Lampo di Luce, Vita
in poi, si af- ferma sempre più il riconoscimento del concorso di
tutte le forze naturali alla composizione del reale, dai corpi celesti
agli atomi e ai fotoni interagenti fra loro nella pienezza dell’universo:
“E’ come toccare un cuore che batte,/ liscio e umido, poterlo
baciare / e sentire nel suo battito / il sapore antico della Terra /
impresso nell’anima.”
Progressivamente la poesia si apre alla capacità di umanizzare e
riattualizzare la fiducia che scaturisce dalla forza generatrice e
magmatica della terra:
“ ritrovo / la segreta essenza
del vivere, / come in un tempo nuovo/ che arriva sempre / e che non sfugge
mai.”
S.Ridolfi:
preghiera
Il riconoscimento dell’io nel proprio simile conduce l’autore ad una
sempre maggiore consapevolezza della necessità dell’impegno. L’arte deve
rispondere a esigenze concrete, che possano incidere sul percorso
esistenziale di ognuno, chiamando in causa anche gli aspetti oscuri del
nostro tempo. E’ un’epoca che ha prodotto stragi, come testimoniano le
vittime dell’11 settembre, un’epoca che ha tolto l’innocenza, che spinge
alla solitudine, all’omissione, all’abbando- no, che soprattutto sperpera
risorse preziose, indifferente ai bisogni primari dei più, che mette il
cuore in catene e crea false illusioni. L’opera di Ridolfi si fa denuncia
e richiesta di un riscatto che parte direttamente dalla coscienza perso-
nale. In questo senso l’arte assorbe e restituisce il volto vitale
all’esistenza. L’uso della tecnologia mediatica e digitale, in quanto
prolungamento della mente e dei suoi mezzi, è adottato da Ridolfi in modo
poco invasivo tanto da permettergli di elaborare le fotografie conservando
un vero sentire e un approc- cio che include l’eventualità espressiva del
senso poetico. In questo scenario, l’autore ridiventa attore della propria
vicenda e partecipa a un sentimento di condivisione che lo vede
protagonista di un mondo restituito alla vita.
ottobre 2004
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